Perù, Cuzco e Valle sacra

Aforismidiviaggio Perù Mostra Manifesto dic 2022 Feb 23

Favoloso Perù

Al MUDEC di Milano la mostra Machu Picchu e gli imperi d’oro del Perù” aperta fino al 19 febbraio 2023.

 

Carissimi lettori,  vi invitiamo a ripercorrere, con la lettura, l’itinerario proposto da questo sito  nello splendido Perù, prima o dopo aver visitato al MUDEC di Milano la mostra “Machu Picchu e gli imperi d’oro del Perù” aperta fino al 19 febbraio 2023. La mostra è davvero eccezionale per l’allestimento e per i contenuti storici così ben illustrati. L’esposizione ripercorre la storia delle antiche civiltà andine di grande impatto artistico nella diversità interpretativa del modo di vivere e di pensare di quelle popolazioni sconosciute al nostro mondo fino alla scoperta dell’America che ha fatto diventare quei popoli per noi inesistenti, visibili all’umanità intera.

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Soprattutto gli antenati dei regnanti inca, maya, aztechi sono rappresentati alla mostra come ombre nere ornate di scintillanti ornamenti d’oro, che a dispetto della storia immaginiamo possano continuare a vigilare sulle popolazioni andine che non conoscevano di persona i loro regnanti-dei che si sono svelati solo dopo la conquista, perché eclissati nei luoghi sacri vietati ai comuni mortali. Come dice la mostra i loro erano imperi dell’oro, per i peruviani simbolo del sole e non il prezioso metallo per cui i conquistatori invasero e distrussero quell’affascinante mondo al di là dell’oceano. Solo recentemente gli occidentali hanno capito l’importanza di quelle culture che avevano depredato.

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Andate a vedere questa mostra sarà difficile che si ripeta un allestimento così ricco di oggetti provenienti dai diversi luoghi delle civiltà andine, i cui regnanti erano della consistenza delle ombre per gli abitanti prima dell’arrivo degli spagnoli così come sono ben rappresentati nella mostra. Un visita imperdibile.  

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 Cartoline dal Perù

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 Il territorio che costituiva il grande impero incaico formatosi nel XIII secolo, il Tahuantinsuyo (quattro regioni in lingua quechua), è ora diviso in diversi paesi: Bolivia, Ecuador, nord del Cile, parte della Colombia, il più importante è il Perù. Il Perù spazia dalla costa dell’Oceano alle Ande, per immergersi nella foresta amazzonica: per gli appassionati di viaggi, un’esperienza unica: tre ambienti così diversi in una sola nazione e di bellezza incomparabile.

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L’avvenimento eccezionale che caratterizzò la conquista dell’America, fu il coraggio di chi andò per primo ad affrontare l’ignoto, quello di Cristoforo Colombo, anche se ci capitò per caso, e quello di coloro che seguirono la sua rotta con altre spedizioni. Scopo dei conquistatori era raggiungere l’India e le sue ricchezze. Trovata l’America, in tutti i sensi, il nuovo obiettivo fu la ricerca dell’oro. Ci piace immaginare che non restarono indifferenti “all’abbaglio” di scoprire che uomini, a loro sconosciuti, avessero creato città originali, più grandi delle loro, incredibilmente vive, che usavano il prezioso metallo solo come decorazione dei templi per catturare i riflessi solari con l’oro, perfetto rivale del dio Inti, il sole.

Prima cartolina: da Cuzco

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Immaginiamo ora che Pizarro, il conquistatore del Perù, appesantito nella sua rigida armatura, accaldato all’impossibile e con il fiato mozzato dall’altezza (3399 m) s’affacci sul panorama della città di Cuzco, la capitale del regno inca, e ne rimanga allibito; certo non s’aspettava di trovare a quell’altezza una città così possente e ben organizzata. Forse gli sembrò di essere entrato in un sogno, o forse in un incubo dato che la conquista si presentava difficile.

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Cuzco in quechua vuol dire ombelico: era qui che secondo la mitologia inca si riunivano tre regni: quello degli inferi, il sottosuolo, degli uomini, la terra, e degli dei, il cielo: a quei tempi Cuzco era la città più abitata del continente sudamericano. Tutto si basava su un disegno “divino”: la pianta della città conserva ancora in parte la forma di un puma, il cuore al centro del petto, corrisponde alla plaza de Armas dove convergevano i confini delle quattro grandi divisioni regionali. Questi dati tecnici servono a capire quanto fosse complesso il regno incaico, quel regno che Pizarro e amici si diedero da fare a distruggere sistematicamente, senza neppure cercare di capirne la struttura e la “filosofia”. Se Pizarro ne fu colpito, anche noi non rimaniamo indifferenti davanti al panorama di una città che sulla base incaica, si presenta dall’alto come una città spagnola dai tetti rossi. Con il respiro affaticato scendiamo tra le sue strade ed è allora che capiamo ancora di più di essere in un luogo speciale dove la fantasia architettonica dei suoi antichi costruttori e dei nuovi arrivati, ha dato luogo ad una città su due piani. Le strade sono ancora quelle degli inca (la classe dominante), strette lastricate con muri lisci, fatti d’enormi blocchi di pietra incastrata, da “giganti”?, con una maestria che non concede neppure

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ad un soffio di passare tra uno spigolo e l’altro. La pietra, grigia e liscia, attira carezze per constatarne la perfezione. Alzando lo sguardo le mura si assottigliano diventano muri di mattoni rossi, diventano spagnoli, un connubio storico pieno di fascino. Sui palazzi esistenti sono sorte chiese e conventi della nuova fede: la cattedrale, una sfida, una meravigliosa costruzione in stile barocco coloniale, sorta per cancellare la memoria del passato, ha invece messo in risalto proprio la parte del tempio incaico incorporato, respira aria quechua. Altra costruzione degna di nota è certamente l’Arcidiocesi.  L’UNESCO  protegge queste costruzioni diventate uniche, e si spera che i preziosi incastri architettonici, non vengano più aggrediti da nessuno. Tutta la piazza ora è spagnola e cristiana, al centro del giardino una fontana di disegno classico delle piazze spagnole. Seguendo l’avenida del Sol si raggiunge il convento di Santo Domingo costruito sulle rovine del Coricancha, il tempio del sole, distrutto dagli spagnoli che lo spogliarono dell’oro che rivestiva tutte le pareti. In una stanza del tempio si conservavano le mummie dei re incaici. L’edificio era ritenuto l’opera architettonica più importante degli inca.

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 L’abside della chiesa incorpora una parte delle mura circolari della stanza dedicata al sole. Gli antichi abitanti, che forse non avevano mai visto l’interno del loro tempio, (l’accesso era riservato ai sacerdoti) ora dovevano entrarci per assistere alle messe, infatti dopo l’arrivo degli spagnoli, potevano entrare anche i quechua convertiti al  cristianesimo: a che prezzo!

 

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 La corona di Cuzco è una catena di montagne, le Ande che la circondano; una difficile natura, la cui altitudine esalta i colori e li rende spietati. L’aria è frizzante e sempre fresca, in cielo corrono nuvole sfrangiate su uno sfondo color cobalto, le ombre sono nette. Guardare non basta per penetrare tanta bellezza elevata sulle cime spruzzate di neve. Non lontano si trova Sacsayhuaman, “il falco soddisfatto” (questo è il suo significato) ed è la testa del puma, l’animale sacro degli inca, in quanto guardiano delle cose terrene. Siamo ancora più in alto, sempre più vicino agli dei, forse troppo in alto per gli spagnoli (3700 m), per questo le sue mura ad incastro sono ben conservate a memoria perenne per i posteri. Di questo luogo si può solo esaltare la severa perfezione inserita in una strepitosa natura dall’aspetto ostile, ingentilita dalla tenera presenza dei lama al pascolo tenuti a bada da signore che filano la lana dei loro animali, in modo arcaico, con il fuso.

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Nel tempio si entra da una porta aperta sul nulla, la sensazione è di passare dal regno degli uomini a quello degli dei, in realtà si penetra nelle fauci del puma, come suggeriscono le mura a zig zag: il suo corpo, come abbiamo detto, è la città di Cuzco. Il prelievo da parte dei conquistatori di pietre impiegate per le loro nuove costruzioni, ne hanno sconvolto in parte la struttura. Qui si festeggiava nel solstizio d’estate il dio Inti Raimi, il sole, colui che domina tutto con la sua luce. Altre strutture religiose sorgono nei dintorni, che ci fanno sentire parte di un antico approccio al divino, appartenuto a tutte le civiltà al loro inizio: adorare gli astri, il sole, la luna e gli elementi; tutti concetti fondamentali per sostenere una classe regnante capace di convincere il popolo che solo per suo  tramite era possibile esorcizzare la morte. L’antica festa degli Dei inca è stata riesumata anche grazie al turismo, che in questo caso ha avuto l’influsso positivo di riportare in vita per gli abitanti della Nazione e per i visitatori, una festa una volta appannaggio solo della classe dei re e dei sacerdoti, quando gli spagnoli non erano ancora all’orizzonte.

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 (Testi e foto di Gabriella Pittari)

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