Esclusiva recensione per aforismidiviaggio del secondo volume di Lorenzo Merlo. Da non perdere.
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Già in precedenza scrissi sul libro Essere Terra, viaggio verso l’Afghanistan di Lorenzo Merlo. Libro che terminava con la partenza da quel Paese per un ritorno a casa. Sognavo l’emozione che avrei provato nel concentrarmi nella lettura delle nuove pagine e assaporare il racconto della strada del ritorno, tanto era stata l’emozionante lettura precedente.
Mi sono ritrovato inserito in un racconto di un viaggio quasi mistico con il valore aggiunto che esso mi stava concedendo un nobile contenuto contemplativo. E tra le righe mi accorsi che l’autore chiama, me in primis, a ragionare che “essere terra non si realizza solo con una vita monastica. Si compie curiosando il mondo per apprendere come liberarsi delle tossiche abitudini che parevano irrinunciabili. Essere Terra è una critica alla modernità e una celebrazione della saggezza dei saperi perduti quelli che riempivano il mondo prima che la religione della tecnologia imbambolasse le schiere dei suoi devoti. Quelle sapienze sono in noi, sono un’intelligenza ancestrale che in troppi, in cambio di benefit, hanno gettato via, come il bambino, con l’acqua sporca”. L’autore piacevolmente ritorna al passato perché i luoghi che attraversa sono “il passato”,“il ieri” che egli riesplora per leggerne la storia e confrontarne i cambiamenti da essa conservati o restituiti alla modernità. Viaggia in solitudine con un Defender, e ci rende noto subito il “poeta che siamo, di sentire che la terra a cui è ancorato (il poeta) può lasciarci liberi di riempire di parole l’universo, altrimenti muto, che abbiamo nel cuore”. Mette a disposizione tutta la sua curiosità, scava nell’intimo, si fa domande e cerca risposte. Non a tutti è data questa qualità, non per tutti sono le risposte. Solo chi usa l’anima sorregge la descrizione delle cose e solo il lettore sensibile ne percepisce la confessione di esse.
Essere Terra un viaggio di ricerca di Lorenzo Merlo
Un libro di non semplice lettura, non di svago, ma di approfondimento e di introspezione. Un racconto di viaggio verso la conoscenza di un paesaggio, cantato altre volte da occidentali sedotti dal fascino che esso provoca, dall’avventura a cui ti chiama, dai pericoli a cui espone. In questo contesto riappaiono città cui solo il nome crea immaginazione, stupore, disorientamento, desiderio di esserci: Samarcanda, Bukhara, le grandi e piccole città dei diversi Stan, il lago Aral, i regimi passati, i governi attuali, la storia dell’antichità raccontata con l’esperienza e le parole di chi in precedenza ne ha parlato. E il libro favorisce così la curiosità della ricerca bibliografica, un avvicinamento agli autori citati e dei quali è opportuno che il lettore ne faccia l’approfondimento dopo aver letto le citazioni. Sono scrittori e viaggiatori, giornalisti viventi ed osteggiati, che hanno pagato a caro prezzo il loro grido di verità. Nazionali o stranieri che hanno attraversato le stesse terre, in momenti diversi, in situazioni particolari ma che conducono il lettore a completare un puzzle con le tessere suggerite e che mancavano alla conoscenza o alla comprensione.
Lorenzo Merlo preferisce i particolari, quasi una paziente distrazione per “evolvere come persone, diventare forti, senza bisogno di scudi titolati. Allora saremo nelle condizioni di cogliere anche da un ciabattino proprio il passo che mancava a far quadrare qualche nostro cerchio”. Se le notizie storiche, non approfondite, passano presto nel dimenticatoio, diversamente si deve dire delle parole che sgorgano dall’anima e dalla penna dell’autore. Esse rimangono inchiodate e non trovi altra affinità con precedenti pagine di altri autori. Una esclusiva letteraria nella storia del racconto di viaggio. Spesso mettere a confronto i diversi stili degli scrittori di viaggio è inutile tanto ognuno ha la sua personalità, ma accorgersi che nel momento di leggerlo uno supera l’altro è un confronto che mi nasce ogni volta. Lo dico. Invidio quegli scrittori che inventano parole per descrivere luoghi o situazioni, ma l’autore Merlo va oltre, scrive versi, compone poesia ad ogni pagina.
Essere Terra un viaggio di ricerca di Lorenzo Merlo
Guardando la foto di copertina, mi son detto prima o poi ti ritroverò signora dalle mani nere, inanellate, dai capelli neri, dallo sguardo compiaciuto in una smorfia di sorriso buono e seducente. Sentirò il desiderio di averti conosciuta nelle parole che reciterà l’autore che ti ha incontrata. Nell’incontro l’autore spiazza il lettore: “ai lati del capo dondolavano due orecchini identici. Alzò le mani per noi e le abbassò allargandole come invito a sederci. Le pietre rosse e verdi alle dita e l’oro degli anelli saettarono lampi di nobiltà spirituale. In qualche modo le rispondemmo che avremo proseguito il nostro vagabondare. Lei amò ancora con un nuovo sorriso”. Ad un certo punto ricordo di aver pensato: “spero che il libro non finisca mai, un prezioso amico così mi serve nelle giornate quando viaggiare è anche stare seduto in poltrona, tv spenta, e avvertire che lui sta viaggiando per te, e tu sei vicino a lui, dentro o attorno al suo Defender. E sposti le apparecchiature dal sedile, lui non ti vede, tenti di pulire il finestrino impolverato e non poni domande. E prima di chiudere gli occhi sognavo già quello che mi sarebbe aspettato più avanti: “steppa chiara, sopra di essa il cielo la baciava delicatamente, cammelli caduti in disgrazia non regnavano più, sembravano mendicare, branchi di cavalli, piramidi di angurie e di meloni, persone che sostano all’ombra, il pastore che saluta, il viandante che chiede il passaggio, giardini dalla cui sabbia sbuffavano alberi sconosciuti, lo scempio del lago Aral” e ancora polvere, ancora linee rette ancora dure sorprese, ma avrei scoperto che un l’uomo a cui ero seduto accanto stava sempre ragionando, facendo “un rogo del superfluo”, che mi avrebbe insegnato cosa significasse Essere Terra perché lui lo aveva già sperimentato e vissuto. “Là in fondo non c’è nulla di nuovo, salvo guardarsi dentro e vedersi finalmente capaci di essere terra.”
Consapevole che a volte l’argomento si fa problematico e che affronta situazioni storiche rilevanti, l’approfondimento ruba spazio alla poesia. E’ l’occasione che l’autore si prende per esaminare tempi e sistemi che hanno caratterizzato il passato socio-economico-politico di questi luoghi, forse non più presenti definitivamente, che hanno lasciato tracce nelle architetture edificate, nelle strutture demolite e tante ferite nel cuore. La descrizione, spesso ossessiva, ha la propria ragione nel diventare ruvida come la realtà che l’autore sta conoscendo:
“solo rinuncia decisa all’universalizzazione dei valori occidentali che, dalla culla in poi, abbiamo creduto essere gli unici e che ora in troppi credono i solo attendibili di verità”;
“sentirsi in unità con tutto, implica l’assunzione di responsabilità, cioè riconoscere che la qualità di quel tutto dipende da noi”;
“leggervi la storia è privilegiare l’espressione di una cultura del territorio e della terra”.
Conducente del suo Defender, vede le luci, sente i profumi, adora la polvere, ama le scene degli uomini, visita spazi, ode i rumori dei silenzi, “esplora con gli occhi il mondo” di giornate che nascono e di giornate morenti, percepisce colori e rivive “visioni originate da fotografie e filmati d’epoca che emergevano dalla mia memoria”. Fotografo, scende a prendere qualche scatto, quando le luci gli indicano il momento, o quando un mercato lo merita. E si interrompe nel beneficiare delle sensazioni intime quando “fragranza di donna si diffuse nell’aria, forze elementali vibrarono caotiche in un temporale dei sensi”.
Essere Terra un viaggio di ricerca di Lorenzo Merlo
“Il sole aveva già posto sulla terra la sua mano rovente”. Il suo viaggiare possedeva la proprietà del mondo, nel suo volante. Nel suo pensiero c’era sempre il Viaggio, gli incontri inattesi, le aspettative e i pericoli in agguato, un libero cuore nell’affrontare tutto questo. La forza della calma fa del viaggiatore Merlo un osservatore acuto e un ponderatore delle scelte. Si procura diletto nel pensare a quello che avrebbe scritto, raggiunge piacere nel cogliere immagini anche solo mentali, perché una foto è bella anche quando l’hai solamente inquadrata con il cuore. Ci sono pagine di una grandezza tale che personalmente lo pongo autore tra i più grandi. “Se la storia fosse maestra così come spesso siamo soliti dire, dimenticando che le generazioni hanno tutte il diritto ed evidentemente il dovere delle stesse meraviglie, degli stessi errori e imprudenze, saremmo un’umanità saggia da molte epoche”. Ha il dono del commento, giornalistico e storico, nelle descrizioni di situazioni collegate alla modernità di un mondo che ha soppresso il passato: “quando nel bene comune c’era l’identità di tutti” e nel neoliberismo dove il consumo si trasforma in bisogno e anche “l’acqua potabile si avvia a diventare un bene soggetto a concorrenza tra concessionari, da acquistare al pari di uno shampoo.” Riflessioni portate all’estremo ragionamento e alla speculazione filosofica aggiungendo la bellezza della parola ispirata.
Capace di lanciare il suo urlo di dolore in prossimità dell’antico Oxus: una zona dove i bambini rifiutano di succhiare il latte materno perché salato quattro volte più del normale e dove su 100 persone, sessantanove muoiono avvelenate lentamente, (Umberto Secchi, sulla via dorata per Samarcanda). Ci ricorda i problemi di quelle popolazioni: patologie da intossicazione, nascite malformi, tumori, disoccupazione, povertà e “avrei dovuto aver vissuto il prima. Vedevo il dopo e sapevo andare oltre la facciata” e le domande si moltiplicano sempre senza una risposta che possa portare speranza. L’uomo non aveva fatto altro che distruggere l’ambiente, in un contesto politico dove tutto era già previsto. E ancora il suo grido si alza, cercando una speranza irrecuperabile, nella “visita pellegrinaggio” di Beslan, in Ossezia del Nord. Impossibile raccontare a chi non c’era stato ciò che è successo, descrivere quanto dolore esiste ancora in quella terra, in quella scuola e quanto esso sia ancora vivo sui volti delle madri. Una narrazione senza timori di accadimenti frutto delle pazzie degli uomini, per dipingere verità che fanno ancora rabbrividire e che riproposte oggi aiutano a riflettere sull’invasione russa dell’Ucraina. Per non dimenticare che: “dalle macerie risorse odio moltiplicato, pronto all’impiego…nelle case dell’odio c’è sempre un vestito di sangue nell’armadio….era di sangue, fango e sperma l’inchiostro con il quale si poteva raccontare quella guerra”. Con un un interrogativo finale personale: “la guerra è necessaria ad un grande equilibrio non meglio identificabile o è un precipizio che possiamo colmare riempiendola di sola bontà?”
Essere Terra un viaggio di ricerca di Lorenzo Merlo
Splendidamente il paesaggio affascina, via i cattivi pensieri, ritorna la poesia, lungo un percorso in cui “il disegno dei cirri e dei cumuli era un regalo per tutti quelli che amano fermarsi a guardare il cielo”. E nel rilassamento e nella ritrovata calma del procedere “ci voleva amore per trasformare un milione di metri così in poesia. Forse ne avevo.” L’autore non perde la sensibilità, l’emotività, la delicatezza della descrizione. E si confronta con natura, monumenti “percependo il dominio della terra”. “Entravo nel sacco a pelo e guardando la natura, sola opera d’arte, entravo nel sonno”. Non è possibile citare tutti gli stati d’animo che attraversano l’autore e che incalzano il lettore tanto da pensare da essere al suo fianco, silenziosamente da passeggero, cullarsi nei pensieri dell’autore e sentirli come raccontati da una guida che parla la tua lingua. Non poteva chiedere di più al viaggio, oltre all’apice raggiunto. Si trovava nella completezza dei desideri quando egli arriva a Bautino. Qui crea con fantasia il film, il suo, colmo di luce. Di ombrelloni, di vento.
Viaggiare con i punti cardinali, impegna l’orientamento, sfida la propria capacità, ma insegna molto di più. Era talmente soddisfatto della sua solitudine che “ripresi ad andare sperando che quella giornata non finisse più”. Il coro dei sentimenti lo avvolge, lui si lascia coccolare da quella sensazione di soddisfazione di possedere quanto ha per vivere il necessario del momento. E il cielo “lo colpiva in quel momento pascolato da lunghe greggi di nubi”. “Il breve spettacolo dell’ultima luce era appena iniziato. Al termine il vento non aveva ancora ceduto al buio”. Le cose parlano a lui, lui le ascolta e, per non dimenticare, le fotografa e le descrive come le sente, le porterà per sempre con sé. “Stavo godendo di ciò che avevo temuto”. Un grande autore che non si abitua alla normalità dei luoghi. “Quell’orizzonte era solo mio?”. E il sentimento che non controlla più scioglie le prime lacrime che liberamente “caddero stremate sui pantaloni. Il vento caldo se le sarebbe prese per riportarle al centro infuocato dell’origine”. Non è più possibile fermare la propria curiosità e nella descrizione essa si trasfigura in un sentimento non più solo umano. Tutto si modifica nella visione, anche le cose rilevate come inutili divengono alimento per crescere nel sentimento: “per farne miccia di piccole e grandi poesie”. Osserva tutto, trasforma in poesia, aggiunge al paesaggio del mondo un respiro in più che lo muta per sempre. E dipingendo le cose con i giusti effetti sensoriali, chi legge, si accorge del miracolo che cresce, perché la poesia “ti fa rinascere ogni volta che viene letta” (A. Richelmy)
Essere Terra un viaggio di ricerca di Lorenzo MerloLorenzo Merlo (Milano, 1958) è giornalista, fotografo e guida alpina. Ha scritto su diverse testate sportivo-turistiche e tuttora collabora con gognablog.com e altri canali di informazione online (tra i quali ereticamente.net, vonmises.it, ilgiornaledelribelle.com, bioregionalismo-treia.blogsport.com, e luogocomune.net) occupandosi di ambiente, comunicazione, sicurezza e politica estera. È autore di “Sardegna wind and surfer spot” (Victory Project Book, 1993) e “Afghanistan: fede, cuore e ragione” (V.P.B., 2011).
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