Argentina: Patagonia, i ghiacciai

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Prima di lasciare la Terra del Fuoco visitiamo alcuni parchi per conoscere la flora e la fauna di questa zona così speciale.

 

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 Colpiscono le dighe costruite dai castori importati dal Canada per incrementare lo sviluppo delle pellicce ad uso e consumo delle ricche signore. L’operazione si rivelò un vero disastro, la colonia di castori proliferò a dismisura. Le graziose creature deviarono il corso di piccoli fiumi stravolgendo per sempre la natura di quei luoghi. Infine il mercato delle pellicce crollò, ma i castori avevano ormai colonizzato il territorio e rimasero a vivere da “forzati emigrati” padroni di quei vasti spazi.

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Nel 1834 lasciato il brigantino Beagle all’ancora alla foce del Santa Cruz, Darwin s’addentrò nella pampa con il capitano della nave, lo scozzese Fitz Roy che darà il nome ad un’importante montagna. Gli esploratori volevano conoscere il paese, i suoi abitanti, i Tehuelche e i Mapuche. Più a nord lungo la costa attraversarono Puerto San Juliàn, dove si trovava un patibolo lasciato da Magellano nel 1575. Si tramanda che il baronetto Francis Drake ex pirata lo avesse utilizzato per impiccare i suoi marinai ammutinatisi. Da Santa Cruz partiva “Il volo di notte” di Antoine de Saint-Exupery che negli anni trenta del secolo scorso distribuiva la posta in Argentina in un percorso di 2500 km con diverse tappe, fino a Buenos Aires, un’avventura sempre molto rischiosa.  Saint-Exupery aveva conosciuto in Argentina sua moglie Consuelo Sandoval che gli ispirò il personaggio della rosa nel “Piccolo principe”.

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Siamo in Patagonia, nel Santa Cruz, dove i toponimi più diffusi sono gallesi, qui 150 emigranti sbarcarono dalla nave Mimosa popolando la zona e fondando nel 1865 una colonia a scapito degli aborigeni. Ce lo ricorda soprattutto il toponimo Río Gallegos, la località dove termina la mitica ruta 40 che attraversa in circa 5000 km tutta l’Argentina partendo dal confine con la Bolivia. Molte fattorie della zona appartengono ai discendenti di quei gallesi.

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In aereo andiamo a el Calafate, che deve il suo nome a un piccolo arbusto dai fiori vermigli; é un’oasi nell’infinita estensione della Patagonia, che da rifugio di commercianti di lana nel XX secolo si è trasformato in un gradevole paese molto turistizato, dove le case di legno del piccolo centro sono tutte raccolte come per tenersi calde durante il freddo inverno. Andando verso il lago Argentino gli spazi si dilatano, appaiono filari di pioppi alti come grattacieli che vibrano al vento in un sommesso fruscio, le case sotto gli alberi sembrano giocattoli. Nelle acque del lago due fenicotteri recitano la loro parte nella vita.

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El Calafate é il paese d’ingresso al Parque National Los Glaciares, il Parco dei Ghiacciai, patrimonio Unesco dal 1981, uno dei luoghi più spettacolari al mondo sia dal punto di vista naturalistico che paesaggistico, lo esploriamo imbarcandoci su un catamarano a Punta Bandera, percorrendo il canale Boca del Diablo. Si naviga in un azzurro cristallino, argentino, tra ghiacciai e iceberg di varie dimensioni alla deriva nell’acqua. Raggiungiamo il più lontano, il più grande Upsala; ci dicono che può contenere tre volte la città di Buenos Aires. Sarà perché è il primo ma l’effetto è grandioso, impressionante: una sorpresa.  Gli iceberg sono tanti azzurrognoli, contrastano con la scura roccia dello sfondo. Dal mirador si domina il Campo de Hielo Sur 800 kmq, surreali.  Il ghiacciaio Onelli ha schegge di ghiacci bianchi sparsi, altri iceberg azzurri, si materializzano, grandiosi per la loro lucentezza, di un colore intenso dovuto alla fosforite, un minerale naturale.

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Il ghiacciaio Spegazzini ha un fronte alto135 metri fitto di lance blu dritte verso il cielo, circondata da una folta vegetazione.  Al ramo sud del lago dedichiamo il giorno seguente, visitiamo il ghiacciaio che porta il nome del topografo Perito Moreno il primo che disegnò le mappe della Patagonia. Saliamo su un catamarano per sbarcare su una spiaggetta di sabbia nera, lì vicino alcuni uccelli fanno il bagnetto senza preoccuparsi della nostra presenza. Sul bordo del lago dall’alto seguiamo il sentiero di legno affacciato sul ghiacciaio.

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Una passeggiata incantevole nel bosco patagonico tra alberi secolari dalle rugose cortecce immersi in un mare d’arbusti tempestati di piccoli fiori colorati pieni di sfumature rosa, rossi, gialli, ricchi di bacche vermiglie e violacee. Il ghiacciaio é una distesa di onde pietrificate nel ghiaccio. Torniamo al Perito Moreno navigando nella Bahia Toro ora il ghiacciaio é una lunga barriera orizzontale tormentata con caverne e ferite da taglio blu. Il Perito Moreno é l’unico al mondo che va ampliandosi, tutti gli altri si sciolgono in ogni luogo del mondo.

 

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Il ghiaccio era qui, il ghiaccio era là, tutt’intorno non era che ghiaccio

Scricchiolava e ringhiava e ruggiva e ululava,

Come rumori in un delirio

(Coleridge “La ballata del vecchio Marinaio”)

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