La Samarcanda dei timuridi, seconda parte

Samarcanda-via sacra
La Samarcanda dei timuridi

 Seconda parte - Shah-i-Zinda

A Shah-i-zinda, s’arriva attraversando le strade del paese che conservano una familiare atmosfera d’indaffarata cittadina rurale.

Shah-i-Zinda è una via sacra di una bellezza sorprendente: qui riposano le donne della famiglia di Tamerlano. Attraversato come di prassi l’alto iwan, sembra di entrare al di là di qualsiasi luogo. Shah-i-Zinda, vuol dire “il re è risorto” introduce in un aldilà paradisiaco, dando la speranza di un ritorno. In realtà chi dovrebbe risorgere è Kusam Ibn Abass, cugino di Maometto, il cui mausoleo chiude la via sacra. I mausolei sembrano un pretesto per accedere ad un villaggio di casette paradisiache, rivestite di splendide ceramiche, come per invogliare quelle “fanciulle”, giovani o vecchie non importa, ad entrare senza paura nella città eterna e scegliere dove riposare per sempre. Nel mausoleo dell’amata nipote morta a 16 anni, Tamerlano ha fatto scrivere:

Bella come la luna,

 fine come un cipresso.

 Intelligente come Socrate.

 Se il re Salomone la vedesse,

 perderebbe la parola.

 Sha-i-Zinda è incantevole, nonostante i pesanti restauri. Un mausoleo, s’insegue ad un altro lungo la via, tutti hanno o avevano una cupola diversa l’una dall’altra, tutti erano rivestiti di ceramiche, incredibili lavori d’intarsio nella ceramica invetriata! Le scritte, che qui sono un decoro essenziale, sembrano rebus. Alcune decorazioni ricordano le murrine veneziane; del resto Marco Polo visse a Samarcanda una lunga stagione. Le stelle sono sparse con moderazione, mimetizzate in disegni geometrici che sembrano strumenti per indovini. Sha-i-Zinda sorge su una collina che è diventata nei secoli un immenso cimitero. Il luogo più suggestivo di Samarcanda è sicuramente il mercato, che gira tutto intorno alla grande moschea Bibi-Hanum, ricostruita completamente dopo che diversi terremoti la ridussero a resti archeologici. Al mercato s’incontrano tanti tipi etnici diversi, non tutti quelli che incontravano i viaggiatori d’epoca, ora prevalgono kirghizi e uzbeki, che noi profani non siamo in grado di distinguere. Ci colpiscono gli sgargianti colori delle vesti femminili e le “khalat” rigate d’azzurro degli uomini, come fili l’acqua nel deserto. Il mercato di Samarcanda è tutto un mondo, fiori e spezie profumano l’aria carica d’odori d’oriente. L’odore del pane caldo fa venire voglia d’assaggiarlo; compriamo quelle ciambelle così allettanti a forma di sole zoroastriano. Una Samarcanda-panelegenda racconta che il pane di Samarcanda è il più buono dell’Asia Centrale. Sulle stuoie sono sistemate montagne di meloni e angurie, così dolci e saporiti, che già Marco Polo ne decantava lo squisito sapore. L’uvetta è nera e bionda, ma soprattutto dolcissima.

Per conoscere l’antica Afraziab, la città del VI secolo a.C. capitale della Sogdiana, (storica regione iranica dell’Asia Centrale), si sale sulla brulla collina infuocata dal sole. Quando vi passò Alessandro Magno nel IV secolo a.C. prese il nome di Marakanda, ed è qui che Alessandro sposò Roxana, la principessa bactriana che gli diede un figlio. Nel museo locale, si possono ammirare gli affreschi di una stanza che rappresenta una processione con gente di diverse etnie, su una barca una principessa cinese è portata in sposa al re locale: un documento pittorico d’eccezionale importanza.

 Samarcanda-4309

Samarcanda, una città che fu abitata dal I millennio a.C. fino al XIII secolo quando la distrusse Gengis Khan per risorgere con Tamerlano nel XV secolo, orgoglio di discendere dai mongoli e dai turchi, i guerrieri della steppa che in sella ai loro veloci cavalli avevano conquistato il mondo. Dal 2001 la città fa parte dei luoghi protetti dall’Unesco con la definizione di “Samarcanda - crocevia di culture”. (Gabriella Pittari)

 Samarcanda-sposa

prima parte leggi qui