Siviglia, una Venezia senz'acqua

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La palpitante descrizione della città di Sevilla, attraverso il cuore, gli occhi e le gambe di una partecipante alla maratona “…e mettendo in viaggio l’anima si evita che essa abbandoni il proprio corpo”. (Andrea Pasqualotto)

 

Sevilla mi ha accolta ieri sera nell'abbraccio arancione e nero puntinato di luci del tramonto.

Stamattina le sue stradine strette mi hanno ricordato una Venezia senz'acqua, portoni socchiusi a svelare giardini segreti, patios di aranci coi frutti ancora appesi ai rami, profumo di fiori nel lieve frusciare dei rami alla brezza fresca. In cima all'antico minareto, alzo gli occhi verso la folla di campane che hanno sostituito la voce del muezzin.
Da piccole finestre, i mostri dei gargoils sembrano sorridermi, paghi dopo secoli inquieti.

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Una città è il suo fiume. E il fiume ne racconta la storia. La divide con l'acqua, per ricongiungerla con i ponti. La nutre e la devasta. Scorre, immutabile e sempre diverso.

 Il Guadalquivir segna la storia di Siviglia, dal ponte di barche degli almohadi ai ponti costruiti per l'Expo del '92. Dal quartiere di Triana al monastero dell'isola della Cartuja, uniti da un destino di ceramiche colorate. Un fiume molto vissuto dai sivigliani, che oggi ho guardato remare, passeggiare, pedalare e correre.

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Ultimo giorno a Siviglia, le gambe ancora pesanti per lo sforzo di ieri mi portano in giro per piccoli piaceri turistici. Stradine acciottolate, vicoli stretti, profumo di fiori d'arancio (qui è già primavera) e alberi secolari. Terrazze panoramiche, musica jazz, flamenco e vecchie canzoni andaluse suonate da artisti di strada. Qualche piccolo acquisto, tapas, montaditos e un caffè.

È tempo di tornare. Dopo la maratona un pensiero a ieri.

Oggi ho pensato a quello che mi ha lasciato dentro Siviglia, a quello che mi resterà nel cuore, piccolo tatuaggio del ricordo. E mi vengono in mente tre parole.

Bellezza.
Siviglia è bella, questo va da sé. È bella nei palazzi, nei giardini, nelle ceramiche che ne colorano l'architettura.
È bella nella gente calorosa e gentile, nei negozi di un gusto squisito, nell'educazione dei bambini.
Ma c'è di più. Ci sono luoghi, edifici, prospettive costruite solo in omaggio alla bellezza.
Plaza de España come altro può essere letta se non come soverchiante spinta verso la bellezza? E i giardini pieni di aranci che rimangono sugli alberi? Altra bellezza quotidiana e gratuita...

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Amore.
I sivigliani amano la loro città: l'hanno difesa, costruita e ricostruita, decorata, fatta crescere, abbellita e adornata. Con amore la tengono ordinata, pulita, ben conservata e con amore la offrono ai visitatori.

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Compromessi.
Sembra un nonsense tra le due soavi parole di prima, ma io penso che l'amore e anche la bellezza siano un compromesso e necessitino di compromessi.
Mi chiedo come Siviglia sia riuscita a custodire la sua storia e ad avere contemporaneamente una tale spinta verso la modernità.
Antiche cattedrali si trovano a stretto contatto con edifici e ponti modernissimi, balli tradizionali e tecnologia d'avanguardia, cucina tipica ed ecologia del XXI secolo, in una mescolanza piacevole e armoniosa.

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