Il monaco buddista Xuanzang continua il suo viaggio verso l’India

 


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Nel precedente articolo abbiamo lasciato Xuanzang ad affrontare il deserto del Taklamakan. Xuanzang é un pellegrino ma anche un giovane curioso, é solo all’inizio del viaggio, osserva, si fa domande anche sui luoghi che attraversa. Leggi qui

Visita a Dunhuang le grotte buddiste di Mogao, poi affronta le onde di sabbia del deserto, lo supera con gran fatica, s’imbatte in un piccolo karaburan, (uragano nero) la tempesta di sabbia che non da scampo: il cielo si fa nero, il vento può raggiungere 200 km l’ora, provoca allucinazioni. Diverse carovane sono scomparse nel nulla in quell’uragano di sabbia. Xuanzang però ha sognato che il suo viaggio avrà un lieto fine perciò sfida il destino.

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Il tempo non lo considera, Xuanzang non se ne cura, vuole tornare in Cina ricco di conoscenze ed esperienze che faranno la differenza per la sua attività di traduttore e maestro di fede a cui destinerà il resto della sua vita “sacra“. Quando giunge alle falde del Tien Shan ((Montagna Celeste, in cinese), sosta più di un mese ad Hami nella depressione del Turfan dove si trova il punto più basso dell’Asia Centrale a 154 m sotto il livello del mare. Entra nell’oasi di Turfan ben accolto dal re buddista che gli da un documento ufficiale, una sorta di passaporto, gli dona oggetti da rivendere per procurarsi il necessario a proseguire il viaggio verso l’India.

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Al Tien Shan si rende conto che dalle belle Montagne Celesti in primavera scendono fiumi d’acqua che vanno ad alimentare le piccole oasi del bacino del Tarim dove si trovano città buddiste sorte grazie a quelle acque che gli abitanti hanno saputo incanalare per coltivare i loro orti, oasi in cui vivono e prosperano curandosi del transito delle numerose carovane e dei pellegrini in cerca di benessere spirituale, come il nostro Xuanzang. Al mercato di Kashgar, crocevia di due percorsi verso occidente, Xuanzang fa rifornimento di cavalli “alati” perché resistenti al clima impossibile, compra asini, acquista alcuni splendidi cammelli bactriani, si procura piccole scorte alimentari.

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Cavalli e cammelli li riceverà anche in dono da alcuni regnanti dei paesi attraversati. Attualmente sugli stessi percorsi transitano spettacolari camion, vere opere d’arte di cui vanno fieri i camionisti. Ora Xuanzang non é più solo, lo accompagna uno stuolo di credenti e assistenti. A Samarkand, Bukhara, Tashkent, a quei tempi parte dell’impero persiano, si professava il buddismo, come dimostra l’etimologia sanscrita di Bukhara che deriva da Vihara, il nome dei monasteri buddisti. In queste località Xuanzang predica lasciando sbalorditi e impressionati i re locali.

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Ripartendo verso sud,  deve affrontare le alte vette del Pamir, poi seguendo il corso dell’Amu Darya  raggiunge Termez, dove si trova una grossa comunità di monaci. A Balkh (ora in Afganistan) visita diversi siti buddisti, e raccoglie molti testi importanti per i suoi studi. Qui vivono più di 3.000 monaci. A Bamyan prega davanti ai due enormi Buddha scavati nella roccia, demoliti dai talebani nel 2001.

 

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Per approfondire gli studi fondamentali alle sue conoscenze, fa alcune deviazione dal percorso; sosta al monastero di Kapisi a nord di Kabul nel regno del Gandhara, raggiunto da Alessandro Magno dove si sono radicate influenze culturali dell’arte greca che miste all’arte centro asiatica hanno creato veri capolavori.  Nei visi delle statue di Buddha si possono cogliere quelle espressioni morbide tipiche dell’arte greca. In questa zona erano sorti più di cento monasteri con seimila monaci in prevalenza del buddismo Mahayana. Fu qui che Xuanzang conobbe le dottrine del giainismo, è dell’induismo, le originarie religioni dell’India. In questo crogiolo di fedi partecipò a dibattiti e confronti religiosi dissertando sulle diverse scuole buddiste.

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Correva l’anno 630 quando arrivò a Laghman in India, un centro nevralgico di collegamento tra il subcontinente indiano e Palmira, città commerciale romana nel deserto della Siria. (Continua, non fatevi mancare il prossimo articolo). ( Leggi primo articolo).

Testi e foto di Gabriella Pittari

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