Sukhotai e Ayutthaya, le antiche capitali, il passato archeologico della Thailandia

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Prima di lasciare Bangkok con le belle barche di teak che trasportavano il riso, facciamo una gita sul fiume Chao Phraya. Ci fermiamo al  Wat Arun, il tempio dell’alba, dedicato alla dea indiana Aruna: alba splendente.

Il tempio  principale del complesso é uno straordinario esempio architettonico che al giorno d’oggi si é rivelato un esemplare riciclo ante litteram: su una struttura di mattoni sono incastonati i cocci di porcellane policrome che i cinesi gettavano nel fiume dalle navi perché rottisi durante il trasporto e diventati inutile zavorra.

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Le pagode sono davvero originali di effetti cromatici con tutte quelle “schegge” colorate e luccicanti. La costruzione più notevole del Wat Arun è il Prang. La guglia centrale alta 81 metri che si alza come un bocciolo di loto composto da migliaia di “petali” di coccio: cerchiamo di riconoscere i disegni di piatti e tazze in voga all’epoca nelle sale da tè o nelle ricche case dei mercanti. Il quadrangolare Prang é dotato di quattro scale d'accesso alle due terrazze che cingono la torre; la terrazza inferiore é protetta dagli yakṣa, le divinità delle foreste, dei villaggi, della terra, diventati corpulenti guerrieri. Sulla seconda terrazza nelle nicchie vediamo le statue del dio induista Indra, che cavalca l’elefante a tre teste.

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Lasciamo Bangkok per conoscere le capitali che l’hanno preceduta. I thai originari del sud della Cina ( Sichuan e Yunnan) erano approdati nel medio corso del Menam ( il Chao Phraya di Bangkok) fondando piccoli stati.

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Un contingente di siamesi era vassallo dei re cambogiani prima dell’indipendenza, come si può vedere nei bassorilievi di Angkor. I siamesi si resero indipendenti in seguito al matrimonio di un loro capo con una figlia di Jayavarman VII. La coppia si stabilì nella valle del Menam fondando il regno di Sukhothai, il loro figlio Rama Khamheng é l’eroe nazionale thailandese.

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 Per costruire Sukhothai “alba della felicità” nella pianura fluviale dello Yom (fondata nel 1238) furono impiegati gli elefanti. Sorse così la città giardino descritta in un’iscrizione, con ampli spazi per le parate e molti alberi da frutta: palme da cocco, giuggioli, manghi, tamarindi, palme di betel, le cui stimolanti noci sono “consumate” in tutto l’oriente. All’interno delle mura furono eretti più di 21 templi in muratura tra case e palazzi di legno, Il restaurato tempio Wat Mahathat é al centro di tre cerchi di mura concentriche circondate da fossati, a imitazione dell’architettura khmer, quei khmer che avevano appena sconfitto, mentre un altro nemico avanzava: i birmani. In quel momento i vincitori erano loro.

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Il Wat Mahathat, era un chedi, uno stupa, sorto per custodire le reliquie del Buddha portate da un monaco cingalese. Si alza ancora, bocciolo di “fiore di loto”, nudo mattone, spogliato della sua doratura tra fitti pilastri della sala di preghiera, che ora sembrano reggere il cielo, alberi di una foresta annerita dal fuoco dell’incendio appiccato dai birmani.

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A soli 70 km a nord di Bangkok sorse la seconda capitale del Siam Ayutthaya fondata nel 1431 in seguito alla nascita di una nuova dinastia Thai che invase Angkor e la saccheggiò. Il nome Ayutthaya deriva da Ayodhya, la città indiana, luogo di nascita del dio Rama, incarnazione di Vishnu, colui che liberò il naga sulla montagna sacra per far sgorgare l’acqua della vita.

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Ayuttahya era una città anfibia con templi di mattoni e case di legno su palafitte. La  base delle fondamenta era la sagoma di uno scafo, la barca della redenzione della mitologia buddhista, un concetto evidenziato dai thai per raggiungere il Nirvana attraverso le acque. Il chedi (lo stupa) a forma di campana nello stile di Ceylon (Sri Lanka) si alza da sette gradini simbolo dei sette mari. I’acqua, é un elemento sacro usata nella consacrazione dei re. S’ammirano con più sentimento le grandi statue di Buddha seduto in meditazione, con una mano verso terra per proteggere gli uomini. Altri Buddha in piedi offrono il loro sorriso enigmatico. C’è anche un Buddha sdraiato pronto ad entrare nel nirvana, sicuro di non reincarnarsi.

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Nel 1438 Ayutthaya  s’arricchiva di templi e pagode, se ne costruirono ben 600 con aguzzi puntali, un’architettura più semplice di quella khmer e più metafisica. Quando le armate birmane distrussero la città nel 1658, dopo 417 anni di regno, anche Sukhothai fu devastata e gli abitanti l’abbandonarono. Restano le splendide rovine, ora il Parco storico di Ayutthaya, protette dall’Unesco. Il Tempio del lungo regno e dell'era gloriosa, Wa Chaiwatthanaram, resta un esempio prezioso. Girare tra questi monumenti é un po’ come essere ospiti di un mondo ultra terreno, tra Buddha pietrificati per l’eternità nella preghiera salvifica con una spalla coperta dai monaci da un panno giallo o arancione, i colori del buddismo. (testi e foto di Gabriella Pittari)

LEGGI PRIMA PARTE Thailandia, Paese libero, indipendente. Bangkok.

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