Vita Sackville-West, Passaggio a Teheran
“Chi abbia tenuto in mano una penna una volta, ben presto la mano pruderà dalla voglia di riprenderla: se si vuole che i giorni non si dileguino nel vuoto bisogna scrivere. Come si fa altrimenti ad acchiappare la farfalla del tempo?”
Victoria Sackville-West parte nel 1926, ha 34 anni, verso la Persia. Parte con la penna in mano, consapevole che restituirà pagina dopo pagina le sue visioni su luoghi remoti di cui “non aveva nessuna idea di cosa avesse trovato”, ma che la riempiva di euforia. Personali emozioni che trasmette, senza sosta, al lettore come ad un amico intimo. Vita interpreta il paesaggio con la passione del “vagabondo” esistenziale. “Malata di nomadismo”, costruisce i suoi passi con la personalità dei grandi viaggiatori. Indomabile, sempre rivolta a scrivere e descrivere con il cuore. Con la sua penna, scorrono i suoi passi, come versi di una sinfonia della natura e dell'amore per la natura. Sorpresa dalle cose, dalle persone, dai paesaggi apre il suo cuore “e ci troviamo immersi negli orizzonti interiori dell'animo dell'autrice”. (Una parentesi merita la traduttrice Marina Premoli che ha saputo liberare e nello stesso tempo seguire il volo di questa “farfalla” e della sua ansietà di fuga nel tempo e nello spazio). Facile affermare e dire agli altri “viaggiare è il più personale dei piaceri”. Ma come fare per riportare ”l'immagine creativa e mutevole nel cui cielo il vento della realtà spazza via le nuvole dalle forme suggestive?”. E ripercorrendo il suo desiderio di rendere piacevole la lettura, si pone in perfetta sintonia con il lettore trasportandolo sul mondo che percorre e su tutto ciò che gli gira intorno con occhi curiosi e penetranti. Fa rivivere ogni momento illuminandolo col suo innamoramento per il guardare “gesto innocuo che non coinvolge nessuno” tranne lei stessa. Ma finisce con il coinvolgere, pagina dopo pagina, ogni lettore che con lei viaggia lungo le vallate e tra le montagne, tra i villaggi e dentro le case, sotto la tenda o vicino ad un rivo, dentro un campo di melograni o al riparo di un caravanserraglio, con la neve o con il fango. Su quelle strade che furono percorse da Alessandro Magno, ma non da Marco Polo, attraverso le province del Kurdistan e del Lauristan dove nessun viaggiatore “si sognava di rischiare i propri beni e magari la propria vita” facendo questo tragitto. Il libro contiene anche “Dodici Giorni”, altro viaggio in Persia, che Vita Sackville-West dedica qualche anno dopo alla attraversata della provincia del Bakhtiyari. “Sorse il sole, dorando la sommità dei monti, facendo rotolare un'onda lunga di luce sulla pianura; un cerchio che saliva lentamente sopra le vette, irradiando il cielo come per un improvviso scoppio di trombe” e ancora “i monti si ergevano come tante forme scure contro uno sfondo giallo zafferano, punteggiato e striato da sottili e proteiformi nuvole rosso porpora”. La differenza tra chi vede e chi sente. Tra chi scrive per se stesso e chi vuole trasmettere. Non voglio giudicare come ognuno si pone davanti al meraviglioso palcoscenico della natura, ma essere condotti da Vita Sackville-West in questo libro, significa sentir vibrare tutte le corde dei propri sentimenti. “Fiori che spumeggiavano sui muri, rosa, bianchi come un velo, una nuvola leggera che, lanciata in aria sia rimasta impigliata tra i pioppi e le cupole azzurre”. L' emozione continua... sul libro. La foto del titolo, contiene un aforisma della scrittrice durante questo viaggio. Nello stesso viaggio vengono descritti oltre alla Persia anche l'Egitto, l'Iraq, l'incoronazione di Reza Khan, Baku, la Russia.