Il Lago Errante è il Lop-nor nel bacino del fiume Tarim. Area “morta” desertica e percorsa per la prima volta nel cuore del Turkestan cinese.
L’autore esploratore risolve un problema che era stato un vero enigma per cartografi e scopritori. Lo svedese Sven Hedin risolve il mistero addentrandosi dove nessuno era stato mai, costruendo il suo percorso da dove si era fermato decenni prima regalando a lui l’immensa soddisfazione di essere stato forse l’ultimo esploratore avventuroso ad inoltrarsi e descrivere con l’aiuto di valenti cartografi, geografi e naturalisti e forse l’ultimo luogo impervio da scoprire dell’Asia. Si dice di lui nella presentazione: per Hedin la frenesia di raggiungere il Lago è la necessità di raggiungere al “cuore di luce”, al punto finale dove le cose si placano e si spiegano, alla stabilità dell’entropia massima dove finalmente tutto, possa trovare quiete.”
Hedin è già in età matura ma non rinnega nulla e con forza e coraggio riafferma il valore di quelle avventure e scoperte. Il suo modo di scrivere è un procedere giornaliero con il gruppo e le attrezzature descrivendo partenza, giornate buone e cattive sul fiume, le permanenze ai campi base, gli incontri con altri compagni di spedizione e predoni, riflessioni sulla possibilità concreta di aprire una pista sulla antica via della seta. Non mancano spunti poetici. Foto, disegni, mappe, resoconti sono a completamento di un libro di viaggio al di fuori da ogni modernità; particolari che ci restituiscono ancora la sensazione della forza e della fatica di un grande innamorato di se stesso e della sua concretezza di viaggiatore scopritore.
Quando abbandona il ruolo di studioso per quello di scrittore, Hedin sa esprimere frasi delicate e poetiche, siano esse descrizioni di paesaggi siano considerazioni sulla portata di scoperte o del comportamento di genti e incontri. Da "Il Lago Errante":
“Solo gli spiriti dell’aria avrebbero potuto trarne godimento (scritte in cinese su pali lungo la via), perché i cammelli selvatici, gli asini e le antilopi non leggono caratteri diversi da quelli che la stessa natura ha disegnato nel deserto dove sono nati”.
“Il viaggiatore che ai nostri giorni (anni 1930/31) passa per quei sentieri cancellati, ode di lontano solo nell’immaginazione la morente eco dei campanacci delle carovane e dei gridi di incitamento dei cammellieri”.
“Gli otto conventi che lo cingono come gioielli incastonati in un braccialetto del più azzurro turchese”.
“L’orizzonte a occidente era di un rosso cupo e acceso e la luna piena emergeva argentea nella nebbia a oriente. Al cospetto di quello spettacolo grandioso e di quella fantastica ricchezza di colori caldi e fiammati da un lato e di quel freddo e quieto lucore d’argento dall’altro, ci si concilia con la penuria del deserto.”
“Presto impallidiscono i toni accesi come si spegne un incendio notturno nella steppa, e la luna prende da sola il sopravvento sui colli consunti”.
“Il deserto Gobi di Gashum, uno dei più desolati deserti della terra, stende il suo profondo mistero”.
“Le nostre discussioni furono interrotte intorno alla mezzanotte dallo scatenarsi degli spiriti dell’aria che cominciarono a rovesciarsi con i loro veloci carri sopra la nostra tenda. La tela s’agitava e sbatacchiava minacciando di lacerarsi. Era l’ultima fanfara di congedo prima della nostra partenza dal leggendario paese del Lago Errante”.
“l’ignota fanciulla fu lasciata nel suo sarcofago alla luce delle stelle e all’aria notturna, che le accarezzava il pallido viso giallognolo e i capelli lunghi un palmo. Per quell’unica notte nel corso di duemila anni ella fu sollevata dalla sua tomba e ritornò nel mondo. Ma non era ormai che una secca mummia e la terra dov’ella aveva trascorso la sua breve vita era grigio-gialla e desolata intorno a lei, giacché l’acqua che vi era ritornata, non aveva ancora avuto il tempo di resuscitare boschi, orti, giardini e campi che ella aveva un tempo contemplato”.
Chi volesse oggi mettersi in viaggio nello Xinjiang, lungo gli itinerari di Sven Hedin, alla ricerca di questa avventura, perseguendo queste scoperte, lo faccia tranquillamente e con l’entusiasmo del grande esploratore svedese: avrà davanti a sé uno dei viaggi più affascinanti e per certo non potrà restare deluso. Lo Xinjiang offre ancora l’opportunità di un viaggio ai confini della scoperta e dell’avventura. Anche voler seguire le esplorazioni raccontate dall’autore svedese Sven Hedin nel suo libro, diventerà l’occasione di uno dei viaggi più affascinanti a contatto con realtà diverse, imperniate della sostanziale complessità che annodano etnie, tradizioni, innovazioni e colonizzazioni legate a uomini e natura.
L’autore: Sven Andres Hedin (1865-1952) ha legato la sua fama all’esplorazione terrestre. Dedicò parte degli ultimi suoi anni al sogno del bacino del Tarim e del Lop-nor. Ma le sue esplorazioni in Asia e soprattutto le regioni aride di questo continente, sono raccontate, ricche di dati scientifici raccolti in 50 volumi. Sven Hedin pensava che la Russia costituisse una grave minaccia per l'occidente, ed anche per questo supportò ed ammirò Adolf Hitler (che peraltro ricambiava affettuosamente) prima e durante il Terzo Reich. Tuttavia Hedin non fu mai un vero nazista, e fu anzi sostanzialmente ingannato dai nazionalsocialisti. Nel suo libro Tyskland och världsfreden (La Germania e la pace mondiale) Hedin lanciò una chiara invettiva contro il governo tedesco: Nel mio sangue ogni sedicesima goccia è di origini ebraiche. Io amo questa sedicesima goccia e non voglio assolutamente rinunciarvi. In Germania il libro fu bandito.