Raccontare la Siria dei nostri giorni potrebbe indurre a pensare a luoghi occupati, belligeranti pieni di difficili situazioni. Ma la Siria che racconta l’autrice Gertrude Bell è un racconto di viaggio esposto in tono discorsivo come se l’autrice parlasse con l’interlocutore attorno ad un tavolo o sul divano prendendo un tè. Il paesaggio occupa una parte importante, ma non diventa protagonista nell’esposizione del testo, che vive nelle sue descrizioni archeologiche portando meno peso alla descrizione emozionale, poetica e pittorica (come abbiamo letto su Ella Maillart o Annemarie Schwarzenbach).
Non è un viaggio moderno; intrapreso nel 1905, diventa un itinerario quasi avventuroso che mette l’autrice a contatto con un Paese conosciuto solo per gli studi di archeologia. L’autrice invece ha una spiccata dote nel presentare come ospiti di tutti i giorni i personaggi che incontra e sono molti. Ogni villaggio o città si muove per accogliere il suo viaggio e crearle meno problemi possibili. Lei ricambia con tanta stima, a volte anche con qualche celato mal di pancia, e così appaiono episodi di vita, all’interno di tende e in presenza di immancabile caffè, dove l’ospitalità già sacra per tradizione assume la sua funzione di unione e di facilità di discussione. “Gli arabi non hanno mai saputo trarre saggezza dall’esperienza. L’arabo non è mai sicuro, eppure si comporta come se la sicurezza fosse il filo conduttore della sua esistenza”. Entra in sintonia con le guide a cui racconta la sua storia, si confronta con la salute di bambini e “rimane atterrita davanti alla profonda miseria umana e alla propria impotenza” incapace di portare giovamento quando basterebbe solo poco di quegli aiuti conosciuti nel suo mondo per salvare vite umane. Elargisce quello che ha, consigli e assistenza. Porta nei villaggi notizie da un mondo lontano che non hanno ancora percorso quel pezzo di mondo pur se datate e superate. L’incontro con i popoli Drusi la fa esclamare “ a chi viaggia per piane e per monti non avrebbe potuto toccare una sorte migliore e una compagnia più gradevole”. Eminenze religiose, ufficiali Turchi, rappresentanti di tutte le tribù e delle diverse etnie, tutti passano dal suo salotto; anzi lei trascorre ore nei loro salotti. A volte lamenta l’impossibilità di restare sola tanti sono gli impegni a cui viene sottoposta dalla “cortese” ospitalità e allora, liberandosi, corre ad apprezzare quella vita che scorre nelle vene dei bazaar, nelle sale delle moschee, nelle strade Romane, nei cimiteri ai limiti delle città.
Da Amman ad Antiochia attraversando Damasco, Gerusalemme, ospite al castello Krak dei cavalieri delle cronache crociate, e tutte quelle località che la storia ha consegnato alla Siria con monumenti, templi e vestigia dietro o sopra ogni duna, adagiate sulle rive del fiume o oramai abbandonate su strade lastricate che conducono solo all’interno del deserto. Un passato che si rinnova presente in ogni giorno di cammino pronto a concedersi alla sua curiosità e conoscenza, un passato che ammira e che invita alla conservazione. Avere l’occasione di parlare di cristiani siriani e tranquillizzare la loro paura di persecuzione future. Osservatrice e conoscitrice della natura, si intrattiene nella descrizione di specie diverse di flora. A 37 anni l’archeologa Gertrude Bell intraprende viaggi in luoghi di straordinaria portata storica e culturale. Medio Oriente in particolare. Modo di interpretare che la porteranno ad intraprendere la carriera diplomatica grazie alle sue conoscenze e influenti contatti. Considerata “una tra le più importanti donne del pianeta” avrà la fortuna di conoscere e divenire collaboratrice di Lawrence d’Arabia e partecipare così alla nascita di nuovi destini del mondo in quell’area. Il titolo originale “ The desert and the sown” tradotto in Italiano con “Viaggio in Siria” realizza la promessa di mettere insieme buon giornalismo e politica, reportage e approfondimento culturale. Una tappa miliare nella letteratura di viaggio, dove il viaggio è senza tempo e senza confini, geografici e religiosi.
Frasi, aforismi, frasi dal libro: Riprendiamo alcune locuzioni di interesse stilistico e contenutistico.
“Svegliarsi all’alba nel deserto è come svegliarsi dentro un’opale. La nebbiolina sbuca dagli avvallamenti, i rivoli di rugiada scivolano dai teli delle nere tende formando figure spettrali, mentre i languidi splendori del cielo orientale fanno posto ai forti raggi dorati del sole che sorge.”
“Si dice vedi Napoli e poi muori, ma si potrebbe anche dire vedi il deserto di prima mattina e poi muori”
“La valle dell’Oronte punteggiata di margherite e di dolci brontolii delle noria, quelle ruote idrauliche di fattura persiana, dove le donne cristiane, velate in maniera approssimativa, scendevano dai muli sotto i salici nel primo respiro della primavera.” “ L’Oronte scorreva nella città sotto di noi tra giardini di albicocchi in fiore, i minareti si stagliavano nella luce dorata del crepuscolo e una grande noria suonava un’incantevole canzone del fiume.” “Quel giorno la primavera siriana aveva steso tutti i suoi doni ai nostri piedi.”
E quello sfarfallio di bambini e adolescenti che come mosche si appiccicavano ad ogni suo passo da farle pensare che: “sarei stata felice di vedere abbattere quei mocciosi con una scarica di pallottole.”
“Gli anemoni avevano tutte le sfumature del bianco e del rosso, dei piccoli iris blu facevano gruppo vicino al sentiero e dei crocchi gialli vicino alle rive del torrente.”
“Stavo esprimendo in arabo le stesse menzogne melense che spesso diciamo in inglese. Avrei potuto essere seduta in un salotto inglese invece che tra le nude mura di una torre crociata”
Aleppo dal minareto della cittadella: “ La piana mesopotamica si estendeva davanti a noi, piatta come una tavola; in una giornata serena, di lassù si vede l’Eufrate. Si vedrebbe anche Bagdad se non fosse per il vizio che ha la terra di essere tonda”.
“Quando ci alzavamo all’alba il nevischio batteva contro le tende e ci toccava cavalcare tutto il giorno con un vento del diavolo.”
“Non c’era la luna, ma i pilastri e gli archi risplendevano nell’ombra della loro bellezza, l’aria era tiepida e ferma; stanchezza e frustrazione se ne andarono e l’anima si offrì libera al cielo di primavera”.
“Il suono del piffero racchiude nella sua bellezza la voce della solitudine. Saliva acuto, chiaro e calmo verso l’ingresso del tempio, cavalcando le onde profonde dell’aria montana profumata di fiori e colorata di raggi del sole che tramontava.”
Ad Antiochia: “Più calpestavo i selciati delle strette strade più mi sembravano incantevoli. Le strade erano pressoché vuote e i miei passi risuonavano sull’acciottolato risvegliando anni di silenzio”.
“Il posto più entusiasmante al mondo è la sella di un veloce destriero, e il miglior compagno di sempre è un libro.” ( Citazione Mutanabbi)