Robyn lavora per procurarsi il danaro necessario all’impresa, ma soprattutto impara a gestire quegli animali teneri e sensibili, indispensabili alla sua impresa.
Era il 1977 quando Robyn Davidson decide di affrontare da sola un viaggio nel deserto australiano percorrendolo tutto in orizzontale da Alice Springs all’Oceano Indiano. Lei, bianca, ventisettenne, nativa del Queensland, cocciuta e determinata va ad Alice Springs per conoscere meglio i cammelli e il luogo di partenza della sua spedizione. I cammelli, in realtà dromedari, arrivarono in Australia nel 1860 con cammellieri afgani e si diffusero a migliaia nella vastità di quel deserto incontaminato. Ad Alice, Robyn lavora per procurarsi il danaro necessario all’impresa, ma soprattutto impara a gestire quegli animali teneri e sensibili, indispensabili alla sua impresa. Naturalmente gli allevatori di cammelli (di origine afgana) sono diffidenti nei confronti di una donna, la ritengono un po’ folle. La sua vita ad Alice é difficile, fa la cameriera in un pub, entra in contatto con diverse persone, di alcune diventa amica. Infine trova l’allevatore che decide di insegnarle i segreti del mestiere. Spesso é in crisi, pensa di non avere la forza psicologica per partire, é scoraggiata, ma alla fine un giorno prende la decisione e parte: con lei i quattro cammelli che si é guadagnata con il suo lavoro, e il suo amato cane. Cercando degli sponsor, aveva scritto al National Geographic Magazine, non confidando molto nel risultato. Invece ecco che la rivista risponde alla sua richiesta e la finanzia. Non ama l’idea di essere seguita da un fotografo e odia la pubblicità, ma é costretta ad accettare.
Nella prima parte di “Orme” Robyn ci racconta la preparazione del viaggio nei particolari più minuziosi, a volte anche eccessivi, sui cammelli, sulle selle, sulla pesante convivenza nella fattoria. Nella seconda parte é sola ad affrontare 2700 km in un deserto sconosciuto ai più. I suoi amati animali le danno un gran da fare. Il fotografo del National la segue ma non sarà con lei per tutto quel viaggio pieno di difficoltà. Descrive poco il paesaggio per lunghi tratti monotono. All’inizio attraversa il bush, le Olgas, poi il deserto di dune di sabbia. Ha scorte sufficienti, ma per gli animali non sempre c’é da ruminare, e dopo giornate di marcia avrebbero bisogno di nutrirsi meglio. Robyn cura moltissimo i suoi cammelli, ci parla di loro come se parlasse di persone; con il suo cane si confida. Quando ci descrive il paesaggio lo fa con amore, anche se non sembra essere la sua attrattiva principale. In un tratto di cammino assai pericoloso incontra degli aborigeni, uno di loro la scorta per giorni e giorni. Diventano amici, lui la difende, ne percepisce i sentimenti, tiene lontani giornalisti e curiosi. Ci sono molti pericoli per gli animali in una zona abitata da un gran numero di cammelli selvatici, in quel momento in calore. E’ costretta a sparare e a uccidere. Un suo cammello si ammala e deve abbatterlo. A volte é isterica, a volte ha paura. Quando finalmente esce dalle dune ci descrive così la natura:“…dopo quell’ultima duna, ne fui finalmente fuori. Mi raggomitolai sulle rocce piangendo e toccandole con le mani per sentirne la consistenza, e poi mi arrampicai veloce su per la scarpata rocciosa, via, lontano da quel terribile oceano di sabbia… Mi voltai indietro a guardare quell’immensità in cui ero stata per giorni”. I suoi problemi quotidiani sono l’acquae il cibo adatto ai cammelli. Spesso é sconsolata vorrebbe abbandonare tutto, ma l’incontro con qualcuno o i suoi stessi ripensamenti la salvano dalle sue paure. Apprezza la solitudine, si sente a suo agio, diventa selvaggia. Se fa troppo caldo gira nuda, camminando, e camminando. Quando incontra l’acqua si immerge nelle pozze fangose con i cammelli e il cane, giocano insieme. Il paesaggio cambia man mano che si avvicina alla fine del cammino. Gli australiani a quel tempo lanciavano la stricnina dagli aerei per sterminare i dingo, un giorno il suo cane mangia un boccone avvelenato e muore. Terribile la sua disperazione, ma il viaggio continua. Ecco che ci racconta quello che vede: “Il paesaggio era bellissimo, in un modo tutto fossilizzato e primordiale. Una distesa bizzarra e contorta di arenaria, silenziosa, e come distante dal resto dell’evoluzioni geologiche della terra”.
Il fotografo, diventato suo intimo amico, la tempesta di fotografie: percorrono insieme un tratto facile con molte fattorie. Lui l’aiuta a scansare i curiosi sempre più fastidiosi e insieme arrivano al traguardo: l’Oceano Indiano. Nel maggio del 1978 esce il numero del National Geographic con il reportage della sua impresa. Il successo é grande! Robyn a quel punto si sente in dovere di scrivere un libro in prima persona, diventato un bestseller multipremiato.
Nel 2014 dal suo libro fu tratto il film di John Curran ”Tracks”.