Edith Wharton, In Marocco
Harem, moschee e cerimonie
"Il Sultano é in festa mentre bianchi piccioni volavano in circolo sopra di lui come petali caduti da un enorme frutteto”.
Una viaggiatrice, Edith Wharton, di inizo secolo scorso, quando il cappello con doppio velo di tulle riparava dal sole e nascondeva il viso. Ma lasciava leggere approfonditamente oltre. E lei penetrava quell’altrove descrivendolo a volte da guida turistica, a volte attraversandolo come testimone con immenso pudore e occhio da cronista che vuole capire e restituire impressioni di mondi diversi. Il suo Marocco, visitato nel 1917, sembra “aver conservato la magia dei secoli passati e il mistero dei giorni proibiti”. Un viaggio “tra le pagine di un manoscritto miniato persiano, tutto ricamato di forme colorate e linee sottili”. Davanti al suo velo passano cavalieri con mantelli bianchi, cavalli e asini e cammelli, oasi e feste, generali e harem, città e Madrasse eleganti e suk variopinti; tutti i profumi e i suoni di una civiltà che tra passato e presente mostra tutte le sue contraddizioni. Delicatamente la Wharton ne coglie le curiosità e ne racconta le tradizioni. “I grassi negozianti che cavalcano verso i loro orti sembrano principi che partono, lancia in resta, per salvare fanciulle prigioniere”. I bimbi, le donne, gli occhi , i visi, le pieghe e la dolcezza, si affidano allo sguardo incredulo ed smaliziato della viaggiatrice che ne registra i contatti e le apparizioni. “Moulay Idriss era bianca come se la sua piazza porticata fosse stata scavata in una grande forma di formaggio cremoso”. E tutte le città imperiali passano attraverso la narrazione descrittiva di questa scrittrice a cui piace, e ha avuto la fortuna, di essere in prima fila a raccontare le feste, (anche se qualcuna di queste è vietata alle donne), la vita, la gioia e la tristezza di altre donne che pur partecipando di fatto nascoste si limitano ad osservare con occhi tristi, il Sultano in festa “mentre bianchi piccioni volavano in circolo sopra di lui come petali caduti da un enorme frutteto”. “Quello che mi colpì di più era l’apatia delle donne più giovani. Chiesi loro se avessero un giardino, e scossero il capo malinconicamente” “ Queste donne fiacche sui loro cuscini di mussolina non sgobbano, né filano. Quando i loro bimbi si ammalano possono solo adornarli di amuleti e lamentarsi e tutte queste vite immobili e sbiadite dipendono dai favori di un solo uomo grasso e tirannico, gonfio di agiatezza e autorità…” Pagine di grande profondità stilistica che pur non raggiungendo il lirismo della Sackville o della Maillart porta il lettore a staccarsi dal testo per immergersi nelle emozioni personali. La Warthon descrive un Marocco assente di visitatori. Un Paese che diventerà a guerra finita meta del turismo di massa e per necessità economiche molto diverso dal mondo misterioso e segreto che Edith Wharton descrisse visitandolo nel 1917.