Con l'Armenia nel cuore
racconto di viaggio in bicicletta
di Fernando Da Re
“Con l’Armenia nel cuore”, titolo veramente appropriato e significativo, è un diario di viaggio che mi ha coinvolto e commosso. Ho ripercorso con l’autore i miei tanti viaggi in Armenia, in Karabakh, in Georgia, nel Giavakh, nelle comunità armene sparse nel mondo. Ultima ora leggi
Ho ritrovato emozioni che credevo perdute, ho rivisto con occhi diversi, gli occhi dell’autore, un mondo, i mondi che mi avevano affascinato, colpito nel profondo. Inizialmente pensavo che questo dipendesse dal mio essere armeno, ma poi ho capito, leggendo queste pagine, che certe sensazioni appartengono all’uomo, ad ogni uomo che si ponga nella condizione di viandante, aperto all’ignoto, più che nella condizione di pellegrino alla ricerca di conferme. E’ questo che Fernando da Re è riuscito a trasmettermi. Quando narra dell’incontro con una bambina in cima ad una montagna, in un villaggio sperduto dove nessuno parla una lingua occidentale, una bambina di 9 anni che conversa con lui in un buon inglese, imparato non a scuola ma da sola, in mezzo a pastori semianalfabeti, ho sentito il mio battito cardiaco aumentare il suo ritmo. Sono stato afferrato dall’immagine delle ragazze armene, poliglotte, abili pianiste, dedite allo studio o ai raffinati ricami che, sporche, stracciate, seminude, venivano deportate nelle carovane della morte, durante il genocidio del 1915. ordina il libro
Ad Areni, un villaggio a sud , Fernando, stanco e affaticato, viene invitato da un armeno di passaggio a salire sul suo pulmino. Il guidatore non vuole assolutamente essere pagato, anzi lo invita a casa a mangiare. “L’ospitalità armena” scrive l’autore, “ non si misura, la si pesa incontrandola. Forse in questa terra circondata da montagne, protetto e conservato, spontaneo e non coltivato, antico ma tradizionale, l’ospitalità è il più bel frutto che si possa coltivare”.
A Martuni i due amici vengono invitati in una casa armena. L’ospitalità, l’amicizia, la generosità con cui sono accolti fanno nascere in Fernando questa riflessione: “Stava accadendo per me e per Enzo un fatto che cambiò totalmente i giorni e il modo di viverli, mi resi conto che il viaggio poteva terminare in quel momento, perché come viaggiatore ne avevo provato l’essenza”.
L’autore è incantato dalla gente ma anche dai paesaggi incontaminati, intatti, che incontra lungo il suo viaggio in bicicletta da Tbilisi, in Georgia, a Goris, nel sud dell’Armenia, assieme al fidato amico Enzo Pellegrini, detto “tomtom” per le sue capacità di navigatore. Persone e natura vengono loro incontro come un dono, profuso a piene mani: ” Un villaggio, cavalli al pascolo con puledri accanto alle madri, quattro anziani sollevarono il viso per salutarci. Poi la strada scende lungo la valle che diventa sempre più verde e si arricchisce di fiori. Solo un pittore folle avrebbe progettato il campo che stavamo osservando, le macchie bianche, verdi, lilla, gialle costruivano un labirinto multicolore, quei cespugli variopinti ravvicinati, non li avevo mai trovati in questo viaggio”.
L’Armenia oggi è un piccolo paese dell’area sub caucasica, ma nell’antichità fu un vasto regno che si estendeva dai confini orientali della Cappadocia al Mediterraneo, sino alle coste del Mar Caspio e del Mar Nero. Il Monte Ararat sul quale , secondo la tradizione biblica, si sarebbe arenata l’arca di Noè , ha visto nascere e fiorire il cristianesimo, divenuto nel IV secolo un elemento costitutivo dell’identità del popolo armeno. Su questo territorio crebbe una elevata civiltà cristiana, civiltà che Fernando Da Re ha potuto conoscere e vivere dall’interno e della quale ha reso testimonianza in questo affascinante racconto di viaggio. (Pietro Kuciukian)