II viaggio sulla Stuart Highway prosegue alla volta di Barrow Creek il cuore rosso dell’Australia dove si ritiene che gli aborigeni Kaytetye risiedano da circa 40 mila anni. John Stuart vi passò nel 1860 e gli diede il nome di John Henry Barrow giornalista predicatore d’origine inglese. Nel 1872 fu inaugurata lì una delle 15 stazione di telegrafo morse, ora storica. La guida locale con voce accorata inizia un racconto terrificante. Nel 1874 alla stazione fu affiancato un posto di polizia, e la poca acqua della zona fu requisita per i nuovi arrivati, lasciando i nativi a secco. Passarono pochi giorni e un gruppo di Kaytetye assalì la stazione uccidendo due bianchi. Uno morì subito, l’altro ferito scrisse con il proprio sangue un biglietto d’addio alla moglie e inviò un sos ad Adelaide, poi morì. La vendetta non si fece attendere: per rappresaglia vennero uccisi più di 90 aborigeni un intero villaggio scelto a caso. Il racconto ci intristì. Scesi dal bus andammo a vedere il piccolo monumento, che con il senno di poi immaginavamo dedicato agli aborigeni, invece la guida serissima ci mostrò la lapide alla memoria dei due telegrafisti, e aggiunse che parecchi bambini restati orfani vennero uccisi perché nella cultura aborigena non esisteva l’adozione. Il racconto c’indignò nel profondo e non potemmo far a meno di notare il cinismo e il disprezzo verso i nativi. La zona fu chiamata Skull Creek (Torrente dei teschi), dai numerosi teschi che affioravano dal terreno. La cittadina fu anche un presidio dell’esercito per le truppe e per i rifornimenti degli Anzac acronimo di Australian and New Zealand Army Corps che con gli inglesi avevano partecipato alla Prima Guerra Mondiale.
Prima di giungere a Tennant Kreek s’incontra il più misterioso dei parchi nazionali d’Australia il Karlu Karlu, in inglese Devil’s Marbles (le pietre del diavolo). Si tratta di sfere di granito, molto simili a gigantesche uova pietrificate, il granito è cangiante con il cambiare della luce ed è forse questa luce che distingue di più il grande continente australiano, simile ad una gigantesca isola, interamente circondata di spiagge. Una leggenda aborigena racconta che queste uova sarebbero state abbandonate dalla Donna Serpente Arcobaleno al Tempo dei Sogni (in lingua locale Tjukurpa),disseminandole sulla terra brulla: è difficile immaginarla occupata a far rotolare quelle uova ai bordi di profondi strapiombi, in quel luogo che grazie al suo girovagare diventò sacro, di una sacralità negativa: il male, il diavolo.Un’altra leggenda racconta che il diavolo Arrange stava torcendo dei capelli a Karlu Karlu per fare una cintura (ornamento diffuso tra i nativi iniziati) quando gli cadde a terra un mucchio di capelli che subito si trasformò in una grossa palla. Sulla via del ritorno alla sua collina, Arrange sputò a terra, il suo sputo si trasformò in palle di granito.
Come sempre in questi luoghi sacri s’avverte subito un’aura di arcana, enigmatica magia. C’immergiamo in quell’atmosfera di colori: il rosso delle biglie in contrasto con le ombre, sinistre sagome di diavoli. Ci lasciamo suggestionare da quelle sembianze così particolari, da quei mostri eterei: sono solo ombre, che s’allungano con il calare del sole. Il rosso delle biglie diventa sempre più intenso, vivo come fiamme, ci sembra di vedere i diavoli che si preparano a far trascorrere “una notte d’inferno“ a chi s’arrischi ad entrare nel regno della Donna Serpente Arcobaleno. Queste biglie mostruose si sono formate a causa della grande differenza di calore tra il giorno e la notte: con il caldo si dilatano con il freddo si ritirano e col tempo si spaccano. In quell’area di leggendaria bellezza vivono gli aborigeni Warumungu, il loro parco nazionale è un’estesa savana dove lo sguardo si perde oltre confine, tra infiniti orizzonti che si sovrappongono ad un cielo cobalto striato di tramonti eterni dove s’immergono le mandrie di bestiame al pascolo della prateria di Mitchell disseminata di fattorie. Ci piace immaginare che in una di queste fattorie trascorse l’infanzia la scrittrice Pamela Lyndon Travers, (pseudonimo di Helen Lyndon Goff) autrice di “Mary Poppins”. Con questa rimembranza consolatoria arriviamo a Tennant Creek per rituffarci in un’atmosfera western con la mitica corsa all’oro simile a quella californiana. Tennant è stato il centro della speranza di molti cercatori d’oro, pochi arricchitisi altri sopravvissuti. La cittadina non è speciale. Lungo la Stuart Highway anche un pub diventa monumento, ci fermiamo a Daly Waters per una sosta, qui capiamo quanto sia stato problematico andare a vivere in questi luoghi così desolati dove l’unico conforto era ed è inebetirsi di birra. Proseguiamo alla volta di Katherine Gorge. (testi e foto di Gabriella Pittari)
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