...Siamo fatti di nuvole
prima o poi la pioggia
ci cancellerà...
(Sabrina Caciotto)
Secondo il mito della creazione l'abitante dell'Australia non fu creato ma si generò da solo, si forgiò nell'argilla di quella terra dove l’increato viveva nel sottosuolo di un mondo completamente piatto e incontaminato. Uomini e donne una volta emersi vagarono sulla superficie terrestre dando origine alla creazione. Il punto dove gli antenati, esseri soprannaturali, emergevano diventava un luogo sacro. Era il tempo del sogno; il paese non esisteva, era un concetto mentale, divenne percepibile solo dopo che l'antenato calpestando il suolo, diede un nome ai monti, ai fiumi, ai laghi, agli animali, con il canto (il loro verbo era il canto), come aveva fatto Adamo con gli animali nella Bibbia. Il canto si ramificò sul territorio e fu tramandato ai figli diventando il linguaggio esoterico per comunicare durante i riti. L’antenato totemico spostandosi creò una mappa di vie dei canti dirette ai luoghi sacri. Lo strumento musicale di quei canti é il didjeridoo che risveglia il vento con il suo suono stregante, capace di rievocare all’unisono rumori e voci di uomini e di animali. Gli animali diventarono il riferimento totemico dei diversi gruppi umani. Uomini e donne, che possedevano l’eterno, dovevano compiere a tempo dovuto e in luoghi separati il loro walkabout, il viaggio rituale. Sognare era il mezzo per tornare e ritornare al tempo del sogno (dreamtime). Al centro del vasto continente australiano, sorge Il luogo dei luoghi sacri: Uluru (Ayers Rock in onore di Henry Ayers, primo ministro del Galles Del Sud). Uluru è definito un monolito, ma più precisamente è una formazione rocciosa, composta da un enorme blocco di arenaria. La cultura atemporale metafisica degli aborigeni permeava tutta la loro vita in equilibrio con la natura circostante. Di fronte a Uluru non solo si perde la cognizione del tempo, ci si astrae dalla realtà, ci si crede testimoni della metamorfosi del mondo: quel blocco di roccia cangiante diventa il mondo. E’ come se la natura volesse dirci che i colori che conosciamo non sono tutti quelli che esistono, per questo ce li mostra in una sequenza magica, spettacolare all’alba e al tramonto, lasciandoci incantati. E’ impossibile descrivere le sensazioni che si provano inchiodati davanti a quello spettacolo, non importa più sapere che l’effetto repentino di quell’alternarsi di colori é dovuto ai feldspati, che riflettono la luce rossa, grazie all’ossidazione del ferro contenuto in quell’enorme masso. A Uluru numerose creature ancestrali hanno lasciato segni della loro attività, ma la maggior parte dei miti sulle sue caverne, le pozze, le sorgenti, gli animali, sono segrete e non possono essere rivelate ad estranei. Dice un mito che Tatji, la Lucertola Rossa, scavò la terra alla ricerca del suo kali (il boomerang) creando numerosi buchi rotondi sulla superficie. Storie e miti del dreamtime (il tempo del sogno) sono i soggetti delle pitture rupestri, costantemente rinnovate durante i riti d’iniziazione; la maggior parte risalgono a migliaia di anni fa. Resta emblematica a tal proposito la storia di Lindy Chamberlain raccontata nel film “Un grido nella notte” dove un dingo rapisce una neonata nei pressi di Uluru. La madre viene accusata dell’uccisione e imprigionata, finché non vengono ritrovati i vestitini della piccola, la prova per scagionarla. Un altro film “Australia” racconta in modo sgangherato il rapporto di un piccolo aborigeno con il nonno sciamano al tempo della generazione rubata: finisce con la partenza verso l’ignoto del bimbo con il nonno.
Un diario di viaggio, “Le vie dei canti” di Bruce Chatwin, ci racconta le sue vie dei canti in modo romanzato.Nello stesso parco nazionale a 25 km da Uluru lascia esterrefatti il sorvolo del Kata Tjuta, più noto come The Olgas (Olga, il nome della regina di Wuttemberg) una formazione rocciosa di granito, basalto, scisto, levigato dal tempo che si presenta come un gruppo di strani animali rossi accucciati, pronti al balzo. Alle Olgas i riti degli aborigeni si svolgono più spesso di notte forse perché solo loro sono capaci di risvegliare quelle enormi bestie addormentate. Qui si ha la certezza che il mondo é in costante metamorfosi. Il paesaggio é sconfinato, magnetico, si prova un senso di smarrimento. Solo i due monoliti s’impongono per la loro bellezza inquietante, in tutta la loro potenza suggestiva. Molti riti aborigeni del centro dell’Australia tramandano l’importanza ancestrale dei serpenti. A Kata Tjuta, il serpente Wanambi vive sulla cima del monte Olga e striscia verso la terra, solo durante la stagione secca per proteggere le acque profonde. Il più noto serpente é il serpente arcobaleno, simbolizza il perenne fluire dell’Energia, la consapevolezza di pace totale che diviene suono, colore, forma, con il mutare delle sue vibrazioni. (testi e foto di Gabriella Pittari)