Questo articolo è dedicato ad Alberto e Valentina che sono andati a vivere a Sydney.
Arrivando a Sidney nella Botany Bay descritta da James Cook si approda con lo sguardo alle vele dell’Opera House, una serie di vele spiegate a perenne memoria di quegli 11 velieri della First Fleet al comando di Arthur Philiip sbarcata sul nuovo continente il 21 gennaio 1788 per impossessarsene, a nome della Gran Bretagna. La vista di quelle vele bianche gonfie, spettacolari, è una sensazione forte che s'imprime nel nostro immaginario. Quel carico umano, imbarcato forzatamente sui vascelli, realizzava il più grande esilio forzato di un paese europeo, precursore dei gulag. Trascinando le loro catene quei galeotti, ritenuti feccia umana, costruirono una città che divenne di conseguenza il nucleo dei primi abitanti del nuovo continente. La storia dell'Australia è fatta di racconti di vite che sembrano inventate, di persone qualunque alcuni delle quali si riscattarono diventando cittadini esemplari. Robert Hughes nel suo libro “La riva fatale”, ci racconta quella che ora si stende per 240 km con 107 baie e calette, una meraviglia tutta da ammirare dall’acqua con il battello “hop-on hop-off”, andata e ritorno. Gli abitanti di Sydney sono ultramoderni, considerati outsider, liberi, hanno uno spirito altamente metropolitano e cosmopolita, provengono dai più disparati paesi del mondo e guardano con irriverenza le tradizioni di tutti quei popoli che formano il tessuto post-etnico del loro Paese. Il porto di Sydney divide la città in due zone nord-sud, collegate dal superbo Harbour Bridge, quell’arcobaleno di ferro datato 1932 attraversato nel 2001 dall’epica marcia di riconciliazione dei bianchi con gli aborigeni. La città è un insieme di quartieri ognuno con la sua storia legata a personaggi comuni, persone senza futuro che il caso ha voluto legare alla città. Sydney stessa é il nome del ministro degli interni britannico dell’epoca, passato alla storia per la banalità del caso. Il Millers Point prese il nome dal mugnaio John Leighton morto a causa di una sbronza cadendo dalle scale di casa il 22 giugno 1826. Al Millers sembra di essere piombati alle vecchie case vittoriane di San Francisco nella zona sopravvissuta al terremoto. Dalla Sydney Tower al Centre Point Complex si può ammirare dall’alto il variegato panorama. I magazzini del porto di Walsh Bay, il Wharf (molo), sono diventati loft, ristoranti, teatri, caffè, pub, adatti ad ambientare storie bohemien un po’ noir come quelle di “Meglio morto” di Linda Jaivin. Percorrendo la Walsh Bay Sculpture Walk si passeggia all’aperto tra un campionario di originali sculture moderne. I cittadini di Sydney, trascorrono parecchio tempo nei bei parchi e praticano molti sport. The Rocks, datato 1826, è il quartiere risorto dopo un periodo d’abbandono, conservando il tessuto sociale originario. Nei suoi vecchi vicoli sopravvivono cottage di arenaria restaurati, pub d’epoca e, nel weekend, s’organizza il mercatino delle anticaglie. All'Argyle Art Centre di mattoni rossi, un centro di artisti con negozi e ristoranti, bar e pub, c’è chi passa ore a bere birra ostentando muscoli scolpiti. Custom House, l’ex palazzo della dogana, è ora il Museo di Arte Contemporanea. Nei pressi di Circular Quay sbarcarono i colonizzatori. A Woolloomooloo, il fronte del porto, una grassa prostituta ubriaca rese onore al più famoso bushranger cantando la ballata di Jim Doolan (The Wild Colonian Boy - il ragazzo selvaggio) un eroe popolare dei deportati. Ora é questo il Business District più trendy. La city all’americana la troviamo a George St. e Pitt St. E’ difficile decidere in quale centro commerciale sbizzarrirsi negli acquisti. All’incrocio con Market Street sorge l’QVB, lo Shopping Centre più British, protetto nientemeno che dalla regina Vittoria, dall’alto del suo piedistallo. Il palazzo é imponente: preziose le balconate interne in ferro battuto. E’ l’edificio più prestigioso del centro, insieme al municipio, Town Hall, con la snella torre dell’orologio di mattoni, affacciata sul viale pedonale Martin Place. Del passato (l’antico qui non esiste) vediamo la cattedrale anglicana in stile neogotico. Il Redfern chiamato the Block (l’isolato) é il quartiere malfamato, il ghetto dei nativi, dove vivono nel degrado tra droghe e criminalità. Gli aborigeni hanno un’aspettativa di vita di 20 anni inferiore rispetto ai bianchi. Dall’alto della monorotaia lo Sky-line offre quadretti e rettangoli che s’inseguono a varie altezze sulle facciate dei grattacieli per infrangersi attraverso il Pyrmont Bridge sull’orizzonte rettilineo del Fish Market: all’interno un tripudio di pesci sembrano rovesciati direttamente dal mare. Proseguendo lungo la baia tra viali di palme e jacarande s’approda alla mitica spiaggia di Bondi Beach, il santuario dei surfisti, che solcano le onde spumose su un mare di turchese cangiante; uno spettacolo unico sia per l’originalità che per l’emozione che suscita. C’è chi mostra bei fisici palestrati. Il resto della città lo scoprirete da soli.
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