Petra, storia millenaria lungo la Via dei Re

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Un sito archeologico isolato e silenzioso di impressionante bellezza e suggestione. A Petra sono stata diverse volte e ogni volta...

aforismidiviaggio Giordania Petra 6...ero affascinata ed emozionata dalle sensazioni suscitate da quei luoghi mitici, così antichi, capaci di sorprenderti, sempre. L’organizzazione in quell’oasi desertica era rigida, tutto dipendeva dall’acqua. Le carovane andavano e tornavano, sostavano, si rifocillavano. Prima di ripartire si rifornivano d’acqua per attraversare quel cocente deserto che di notte diventava perfino troppo freddo. Gli uomini durante l’agognato riposo si raccontavano le avventure di viaggio, i miraggi, gli arcobaleni, magari abbellendo il tutto con la fantasia che quel magico luogo era capace di evocare. Per noi occidentali Petra è la città dei Nabatei, una popolazione semitica di nomadi commercianti proveniente dall’est dell’Arabia stanziatasi nel VI sec. a.C. in questo incredibile anfiteatro naturale di calcare, che è sorto da una depressione di 396 metri sotto il livello del mare; è il prolungamento della Rift Valley creatasi con la deriva delle zolle tettoniche, come ci spiega Pietro Laureano nel suo prezioso libro “La piramide rovesciata”. I Nabatei diventati sedentari si organizzarono alla grande per riscuotere i pedaggi delle carovane di mercanti in transito da e per l’occidente.

 

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La zona di Petra è abitata fin dal 7000 a.C. se ne ha conferma nel villaggio neolitico di Beidha che con Gerico era una delle comunità agricole più antiche del mondo. A soli 10 km da Petra si trovano i resti archeologici di Sela la capitale biblica degli edoniti sulla Via dei Re. Tramanda la storia che qui il re di Giudea Amaziah (796-781 a.C.) fece gettare 10.000 prigionieri nel precipizio di Umm al-Biyara (vuol dire la madre delle cisterne). Forse le cronache esagerano, ma dovevano essere davvero feroci a quei tempi. A Petra si attraversano le ere geologiche. Gli esseri umani avevano vissuto qui nel cretaceo (il calcare), nel cambriano (arenaria rosa) nel neolitico. Nel caos delle pietre (Petra) scorrevano diversi wadi che hanno scavato solchi profondi per convogliare le acque verso l’anfiteatro dove sorge l’oasi.

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La fantasia del viandante già colma di spazio si alimentava al cospetto di quel bizzarro paesaggio pieno di anfratti profondi di formazioni collinari che raggiungono nei punti più alti 1400 m e di tutti quei colori cangianti simili alle sete che i mercanti portavano dalla lontana Cina. Qui, s’appagava il bisogno inconscio di bellezza e quasi ci s’inebriava. Il Siq, l’ingresso a Petra, è un passaggio ad imbuto tra due pareti di arenaria a 1000 m d’altezza, è in ombra, è la via sacra, è il viaggio iniziatico verso la luce, il sole dove nel suo ventre materno si custodiva il mondo degli dei in cui gli uomini, ardivano aforismidiviaggio Giordania Petra 5entrare. I templi dedicati al dio della montagna Dushara e alla madre terra al-Uzza, Iside e Osiride degli egizi. Non poteva mancare il cielo rappresentato da Venere la stella guida dei nomadi. Per gli antichi era il passaggio dalla vita alla morte, dalle ombre alla luce, per loro il regno dei morti era nella luce. Per noi che percorriamo il Siq, come se entrassimo nella Bibbia, l’aspettativa all’uscita è una sorpresa, la luce appare in fondo al tunnel; è il sole che illumina lo spettacolare al-Khazneh (il Tesoro). I romani tentarono più volte di impossessarsi di questa “preziosa” oasi ma furono sconfitti. Quando i nabatei si allearono con i Parti della Persia, e questi caddero sotto il dominio romano, si ribellarono per non pagare i tributi, ma mal gliene incolse: Erode il Grande sottomise Petra nel 31 a.C. I romani infine sconfissero i Parti, e Petra fu costretta a diventare romana. Percorrendo la via colonnata datata 106 d.C. notiamo i cambiamenti architettonici imposti dai romani, riconosciamo lo schema di città a noi più familiare, il tempio corinzio, il teatro, i mercati, il palazzo vicino al Tempio nabateo del leone alato dalle cui fauci sgorgava l’acqua. Ci sembra che questa piccola Roma conviva in armonia con il passato nabateo. L’oasi fu abbandonata nel VI secolo d.C. dai bizantini. Fu abitata dai crociati nel XII secolo. Furono loro a chiamare il wadi, wadi Musa. Secondo la Bibbia fu qui che Mosè fece sgorgare l’acqua con un colpo di bastone. I bizantini costruirono il castello che domina L’Arken, (nome della Petra nabatea) sul monte Umm al-Jamal dove morì il sacerdote Aronne, fratello di Mosè.

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L’archeologia scoprì che la civiltà nabatea si era affermata grazie al suo dominio delle acque che incanalò in tutti i modi possibili lasciando splendidi esempi di canalizzazioni scavate nelle rocce che distribuivano acqua potabile agli edifici di tutta la città. Fu ipotizzato che all’angolo dell’imponente complesso del Palace Tomb al Wadi al-Mataha sgorgasse una cascata artificiale che irrorava diversi orti sottostanti. Ora un progetto vorrebbe restaurare parte del sistema idrico dei nabatei per aiutare la conservazione dei monumenti soggetti a un continuo sgretolamento, che non avverrebbe nel caso in cui ci fosse più umidità nell’aria.

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Infine una curiosità. Agatha Christie ha ambientato a Petra nel 1939 il suo giallo “La domatrice” dove i protagonisti arrivano da Gerusalemme percorrendo la Via dei Re: “Tutt’intorno e sotto di loro si estendevano a perdita d’occhio le rocce rosso sangue…era un paesaggio incredibile, diverso da qualsiasi altro. Nella luce limpida e pura del mattino, ciascuno di loro (i protagonisti del delitto) poteva avere la sensazione di essere una specie di divinità che dominasse un mondo gretto e perverso un mondo di violenza inaudita”. Quello, era il luogo del sacrificio, la Vetta, come la guida s’affrettò a spiegare. La presenza costante della patriarca “domatrice”, ma anche la vittima, un’anziana signora grassa, seduta immobile davanti alla grotta-camera della struttura turistica dell’epoca, fa pensare ad un idolo, un Buddha da onorare ma soprattutto da temere. Tutto ciò rende perfettamente l’atmosfera di un sito archeologico isolato e silenzioso di impressionante bellezza e suggestione. (foto e testi di Gabriella Pittari)

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