Finita l’estate San Vito torna ad essere un piccolo centro di quasi ex pescatori, votati al turismo che vivono l’inverno nella tranquillità di un posto di mare che ritorna se stesso. A settembre si svolge tra le sue strade il Cus Cus Fest, una manifestazione culinaria, una sfida internazionale, festival dell'integrazione culturale, che riunisce intorno ad un semplice piatto della cucina mediterranea non solo curiosi, ma tutti coloro che coltivano la passione per il cibo. Quando si spengono i riflettori del festival i sanvitesi si riposano: non più gelati fantastici nelle brioche (panini imbottiti di gelato) dai sapori più impensabili: gelsomino, gelso, pistacchio di Bronte, mandorle, sfizio gastronomico solo siciliano. Le melanzane, quelle viola grandi e tonde, ma non solo quelle, retaggio della dominazione araba, vengono proposte dai siciliani in molteplici piatti saporiti conditi dalla loro fantasia “godereccia”. In estate quasi tutte le case affacciate sulla via principale del paese fino alla piazza della cattedrale, si trasformano in minuscoli B&B. Lungo la passeggiata gli odori, i profumi, del cibo riempiono le narici dei vacanzieri, mischiandosi al profumo del gelsomino. Niente di tutto questo in tardo autunno o in inverno: gelatai, pasticceri di cannoli e di cassate, ristoranti dove si è gustata la caponata, le arancine, il pesce spada, il tonno ed altri pesci freschissimi, sono chiusi; c’é pochissima scelta, ma la tranquillità ripaga. Ho cominciato dalla gastronomia per parlare di San Vito lo Capo, perché la cucina è molto importante anche per i turisti che da tutta Europa in questi ultimi tempi piombano a godere del bel mare di questa località che in pochi anni ha visto un boom di presenze, soprattutto dall’estremo nord, Norvegia, Svezia, ma anche Polonia, Chekia, Russia.
Comunque San Vito in estate non è una località di discoteche, ma un posto tranquillo per famiglie con bambini. Sulla piazzetta il santuario di San Vito aperto fino a tarda sera è il polo d’attrazione, risale al 300 d.C. Da chiesa diventò fortezza dopo il 1400 per proteggere le reliquie del Santo la cui fama si andava diffondendo grazie ai suoi miracoli ammantati di poteri magici, che attiravano pellegrini da ogni dove. Il giovane Vito, per sfuggire alla decima persecuzione di Diocleziano, era approdato a Capo Egitarsio (l’antico nome del capo) accompagnato dai precettori Modesto e Crescenzia. La pianta del tempio-fortezza è quadrangolare con feritoie e con un rosone centrale alla facciata. Di fronte all’ingresso nella penombra è l’altare barocco, tutt’attorno un tripudio di luce, rallegrato da ceramiche policrome moderne. Si scende una scaletta nel sotterraneo dove sono custodite le reliquie del santo. In quell’antro cupo c’é anche un antico pozzo “sacro”. Sulla piazzetta molti singalesi e pakistani dai visi stanchi lanciano in alto una pallina luminosa nella speranza di venderle a qualche bambino. Sulle panchine anziani e turisti si siedono a mangiare il gelato ammirando la facciata del santuario, dotato di torre d’avvistamento.
A fine settembre inizio ottobre il mare è ancora caldo, l’aria è fresca, il sole è più clemente, la spiaggia é libera da ombrelloni, sdraio, pattini ed altre attrezzature turistiche. La spiaggia ridiventa un arco di sabbia bianca dalle sfumature coralline in fondo alla quale spunta il piccolo faro del porto peschereccio. Passeggiare lungo la battigia è puro piacere. La luce autunnale é ben diversa da quella estiva, l'aria è più umida, la vegetazione rinverdisce. Sulla strada verso Monte Monaco la spianata brulla dei campi bruciati dal sole carichi di massi rotolati dal monte, presenta una vegetazione unica, niente alberi di alto fusto se non quelli piantati dai proprietari di villette. Palme nane endemiche, agavi, fichi d’india, euforbie, qua e là vicino alle pietre cespugli di rami sottili sembrano coralli terrestri per la forma e per il colore rossastro. Lungo la spiaggia di notte si può tornar…a rimirar le stelle, in cielo splende la via Lattea quella che Ovidio chiama la strada degli dei per raggiungere la reggia del grande Tonante Zeus. A parte i terribili incendi, è piacere interiore percorrere a piedi la Riserva dello Zingaro, rifugio di volpi e conigli, fino a Scopello, una passeggiata dall’alto della scogliera costellata di piccole baie di puro smeraldo. All’’ingresso di San Vito, si può non far caso alla piccola loggia merlata, con cupola, ottagonale all’interno. Al ritorno è impossibile non notarla, impossibile non fermarsi per riverire santa Crescenzia, e perpetrare così il rito della pietra. La tradizione dice che lanciare una pietra nella cappella porti alla salvezza; lo facevano i pellegrini che la riempirono di massi, per questo ora è chiusa da inferiate. L’architettura della cappella è un retaggio arabo-normanno, un tempo aperta su quattro lati, “incrociava” quattro vie di pellegrinaggio, modello orientale di origine persiana che si ritrova, in Spagna, in Tunisia e nella lontana Bukhara. I pellegrini, accompagnati e protetti dai normanni percorrevano le vie verso il santuario di San Vito e la cappella-tomba della precettrice era luogo di sosta. Lasciata San Vito si passa da Màcari, una spianata di bellezza apocalittica affacciata su un mare blu cobalto striato di turchese. (testi e foto di Gabriella Pittari)