La scusa per andare a Piacenza c’è ed è ricca. A Piacenza fino al 4 giugno si può vedere la mostra dedicata al Guercino, ma soprattutto si possono apprezzare da vicino i suoi profeti illuminati di fresco nella cupola del Duomo. Un avvenimento davvero speciale.
Piacenza è antichissima colonia romana fondata nel 218 a.C. ed è diventata con lo scorrere dei secoli una preziosa città d’arte abitata da nobili famiglie come i Farnese che ne decretarono una straordinaria fioritura nel Rinascimento, governando il Ducato di Parma e Piacenza (1545-1731), dando a Roma un papa, Paolo III e una regina, Elisabetta Farnese consorte del re di Spagna Filippo V. Nel medioevo la città s’arricchì di chiese. La sua posizione strategica sul fiume Po e sulla via Emilia e la Francigena, favorì i commerci e i pellegrinaggi. Fu a Piacenza che papa Urbano II nel concilio del 1095 decretò la partecipazione alla Prima Crociata d’Oriente. Per conoscere bene la città ci vorrebbero almeno due giorni, utili anche per apprezzare i gustosi manicaretti della cucina locale e i suoi meravigliosi salumi. |
La nostra visita comincia dal Duomo, uno scrigno di opere di diverse epoche come sempre succede ai luoghi carichi di storia. La facciata a capanna ha il bordo ornato di fitte colonnine, il protiro del portale centrale presenta due grossi leoni di marmo rosato: si guardano l’un l’altro incapaci di ruggire. Mentre s’attende di salire alla cupola ammiriamo la struttura a largo respiro di eleganti archi sorretti da tornite colonne, il pavimento di marmo a strisce bianco e nero come le facciate delle chiese toscane. Le formelle dei paratici (le corporazioni di mestiere) figurano sui pilastri da loro donati. Alzando lo sguardo alle cupole si è sopraffatti dalla quantità di personaggi che ci guardano da cieli dipinti. La cupola opera di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, è un crescendo di geometrie che si alzano in archetti per finire in un ottagono di triangoli dove i sei profeti del raffinato pittore insieme ai due spicchi del Marazzone (Pier Francesco Mazzucchelli) proteggono dall’alto una pala d’altare dorata di grande bellezza. Il contorto percorso guidato per arrivare ai bordi della cupola offre una visione “dietro le quinte” con viste panoramiche sulla città. Quando nei triangoli si materializzano i profeti, una cuffia ci racconta chi sono e come fece l’artista a dipingerli. Le Sibille nelle lunette mostrano bei volti di donne comuni truccate e nobilitate da acconciature speciali, colpisce la Natività dove invece dei pastori arrivano contadini con ceste piene di uova. Per completare la visita delle opere del Guercino, entriamo nel palazzo Farnese, un enorme quadrilatero di laterizio dell’architetto Jacopo Barozzi (il Vignola), voluto da Margherita d’Austria figlia dell’imperatore spagnolo Carlo V. Entrando nel cortile c’è una deliziosa loggetta ad archi sovrapposti. Nella cappella ducale sono esposte 20 opere dipinte “tra sacro e profano” come dichiara il titolo della mostra. Grandi tele dai colori decisi, con dominanti verdi delle vesti avviluppate attorno ai corpi di cui si percepisce quasi il frusciare, dove gli angeli hanno ali da uccello distese, come ali di rapaci. E ci sono in altri musei il tondo del Botticelli, c’è l’ Ecce Homo di Antonello da Messina…
Ora a ruota libera andiamo esplorando la città. Oggi, 25 aprile, i cittadini a piedi o in bicicletta sono riuniti in piazza Cavalli di Mochi (Francesco Mochi scultore)per festeggiare la Liberazione, passeggiano, vanno al bar per l’aperitivo, discutono di politica. Le suggestive statue di bronzo di Ranuccio e Alessandro Farnese in groppa ai loro cavalli lanciati in una barocca cavalcata svolazzante, sono di grande effetto. La piazza é un tipico salotto italiano circondata da bei palazzi tutte sedi istituzionali: palazzo Mercanti con un portico in facciata, palazzo Gotico, simile ad un castelletto merlato, palazzo del Governatore che occupa un intero lato della piazza. Girando tra le vie del centro si vedono altre splendide dimore, severe all’esterno, con scaloni monumentali all’interno, cortili di sosta per le carrozze da cui scendevano dame agghindate all’uopo. Palazzi di quella ricca cittadinanza industriosa che ha fatto bella l’Italia del Rinascimento e del barocco.
Le chiese sono molto antiche, abbiamo visto il Duomo ed ora Sant’Antonino, ci riporta al IV secolo, la chiesa è dedicata al patrono di Piacenza martirizzato sotto Diocleziano. L’assetto romanico si identifica in una facciata slanciata e un originale campanile ottagonale centrale alla chiesa, la sua importanza storica è confermata dall’aver ospitato nel 1183 i delegati della Lega Lombarda con l’Imperatore Federico Barbarossa per firmare la bozza della pace di Costanza. Altra chiesa da visitare è San Savino, fondata nel 903, distrutta dagli Ungari subì diversi rimaneggiamenti, tanto che la facciata è tardobarocca. Si sono salvati nella cripta splendidi mosaici medievali, un tappeto con i medaglioni dei segni zodiacali. Al piano dell’altare il dio tempo in trono con in mano il sole e la luna circondato di animali, purtroppo meno integro. La pavimentazione della chiesa pure bianca e nera, simula zigzaganti onde marine in cui nuotano qua e là delfini bianchi. I capitelli antropomorfi e vegetali sono pura bellezza.
In auto sulla via del ritorno attraverso la fertile pianura padana, un’apparizione, un affollarsi di cavalieri lanciati nel vento, in testa all’armata Ranuccio e Alessandro Farnese, i cavalieri di Mochi, diventati all’improvviso i protagonisti del film “Il mestiere delle armi” di Ermanno Olmi, una storia che non è la loro. Potenza dell’immaginazione! (testo e foto di Gabriella Pittari)