Sull’angolo sinistro dove inizia via Carlo Alberto, deliziosi putti sono arrampicati sui balconi di un signorile palazzetto liberty: ed eccoci entrati nella città in miniatura.
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Attraversati i boschetti della villa reale con la statua di Garibaldi che colloquia con Il Re de Sass, l’affettuoso appellativo dei monzesi alla statua di Vittorio Emanuele II, entriamo nella vasta piazza Citterio, intorno alla quale restano due interessanti ville di inizio novecento. Sull’angolo sinistro dove inizia via Carlo Alberto, deliziosi putti sono arrampicati sui balconi di un signorile palazzetto liberty: ed eccoci entrati nella città in miniatura. In piazza Carrobiolo, che deve il suo nome ai carriaggi che anticamente sostavano qui, era sorto il convento di Santa Maria, assegnato nel 1573 ai Barnabiti, inaugurato da Carlo Borromeo, dopo che i frati lo ebbero rinnovato nello stile. Poco più avanti (a destra) di piazza Roma al lato dell’acciottolata piazzetta di San Pietro Martire si trova l’omonima chiesa medievale dove si conservano le spoglie di San Prospero, traslate dalle catacombe romane di sant’Agnese: al centro il monumento all’illustre pittore monzese Mosè Bianchi. L’Arengario di mattoni é lo storico Palazzo Comunale del ‘300 cui fu aggiunta una torre campanaria. Le sue graziose finestre ogivali lo fanno sembrare una casa con portici aperti a tutti i venti: del resto é all'incrocio di alcune vie che separano anche idealmente le diverse epoche architettoniche della città: a destra in via Carlo Alberto si entra nella città ottocentesca, a sinistra seguendo via Vittorio Emanueles’arriva al ponte dei leoni sul fiume Lambro, quattro bestioni dall’aria innocua. Qui si apre un pittoresco scorcio brianzolo sul vecchio ponte romano.
Via Italia è la Montenapo (Montenapoleone) di Monza: gallerie d’arte, eleganti negozi d’abbigliamento, gioiellerie, rosticcerie, vere boutique del cibo, ci dicono che questa é una provincia fattasi città grazie all’operosità degli abitanti e ai soldi che qui hanno sempre contato. La cultura non è trascurata, entrare nella libreria Libri e Libri è un vero piacere. Dall’uscita su piazza Trento e Trieste il Pratum magnum medievale, colpisce l’imponente ondata d’assalto guidata dalla Vittoria alata con tromba rivolta al cielo: il monumento ai caduti. Girando (a sinistra) si apre improvvisa la vasta Piazza del Duomo, per un attimo ci sembra di essere a Pisa: il marmo bianco, le strisce, la facciata con le colonne ascensionali che terminano nelle edicole a guglia con statue, il rosone inserito in una rete di marmo come su un pizzo di filé: un vero splendore trecentesco. In questa Basilica Minore dedicata a San Giovanni Battista si conserva la cappella medievale della regina Teodolinda, bavarese di nascita, vedova di Autari e in seguito moglie di Agilulfo, re dei longobardi che scelse Monza come sua residenza estiva. L’abside di mattoni rossi la inserisce d’ufficio tra le chiese monzesi. La torre merlata lì vicino viene erroneamente attribuita al fantomatico castello della regina che alla sua morte nel 627 fu sepolta nella basilica. Nella cappella del duomo attuale è raccontata in stile gotico la vita di Teodolinda tratta dalle storie di Paolo Diacono che grazie al pennello degli Zavattari diventa una fiaba svolta come da un rotolo miniato su cinque piani. Fondamentale é l’apparizione in sogno della colomba bianca che determinò la fondazione della prima basilica e la conversione dei sudditi al cristianesimo. I costumi indossati dagli interpreti della favola non sono longobardi ma quelli sfarzosi dell’epoca viscontea, rievocano Gentile da Fabriano, Pisanello, Masolino. Nella cappella è custodita la corona ferrea, con cui furono incoronati diversi imperatori del Sacro Romano Impero, tra cui Carlo Magno, Napoleone, Ferdinando I. Quando la guida compie il rito di estrarre la corona dal tabernacolo impressiona l’anello di ferro grezzo dentro quell’oggetto così sacro e prezioso, più storico della storia. La tradizione tramanda che quel ferro fu un chiodo della croce di Cristo ritrovato da Sant’Elena insieme al legno della croce e donato al figlio Costantino per proteggerlo in battaglia. Custodita già come corona in Santa Sofia a Costantinopoli, fu Tiberio Augusto a donarla a San Gregorio Magno che a sua volta la donò a Teodolinda in ringraziamento per la conversione dei longobardi.
Dopo questa visita sembra che nulla possa ancora interessare, ma proseguendo su via Italia s’incontra la piccola chiesa di Santa Maria in Strada sorta su un antico convento di frati francescani con una facciata ricca di formelle in cotto. A pensarci bene quasi tutte le chiese di Monza sono sopravvissute ad antichi conventi; non c’era solo quello della Monaca di Monza, reso famoso dal Manzoni. In fondo a via Italia (a sinistra) la libreria Feltrinelli è un simbolo della sopita rivalità tra Monza e Milano. A largo G. Mazzini un buon arredo urbano ha al centro una fontana: un enorme soffione di tarassaco d’acqua. L’ex fabbrica Frette ora è la Rinascente, un altro richiamo a Milano. L’edificio racchiuso tra due torri cilindriche ha all’ingresso due leoni forse imparentati con quelli del ponte sul Lambro. Di fronte alla Rinascente il palazzo delle cariatidi in puro stile liberty fa pensare che i putti incontrati all’inizio della passeggiata ci abbiano seguito fin qui.
Testi e foto di Gabriella Pittari. Si ringrazia La Fondazione Gaiani del Duomo di Monza per la gentile concessione delle Immagini della Cappella di Teodolinda: scena 32 partenza della regina per luogo adatto; scena 30 banchetto di nozze, per l'immagine della Corona Ferrea e del Duomo Ⓒ MUSEO E TESORO DEL DUOMO DI MONZA.