Per Firenze inseguendo l’arte
Un giro per Firenze è come un tuffo nella pittura, tra le sue vie appaiono le vedute sugli sfondi di quadri famosi.
Firenze è una città che nasce con l’arte, quella del Medioevo e soprattutto del Rinascimento, così bella, elegante e ricca da rappresentare se stessa anche nei dipinti dei maggiori pittori, chiamati a corte per esaltare bellezza e ricchezza. Ed ecco allora che proponiamo un giro di Firenze come un tuffo nella pittura andando tra le sue strade a cercare quelle viste che appaiono sugli sfondi dei quadri. Nel ‘200 gli artisti costruttori venivano da fuori soprattutto da Venezia, fu quando la città s’affrancò dai contrasti tra chiesa e impero e raggiunse l’autonomia comunale. Era il 1100. La politica era già importante; acuti erano i contrasti, tanto che alcune famiglie si allearono tra loro formando la “società delle torri. Questo periodo è testimoniato da una rappresentazione della città dentro le mura con le torri che s’impongono come prototipi di futuri grattacieli. Palazzo Vecchio è lì, alto e turrito palazzo medievale, non c’è ancora il campanile e il battistero di Giotto, con cui s’afferma la gloria architettonica di Firenze. Giotto ha affrescato in Santa Croce, il compianto di San Francesco nella cappella Bardi, e nella cappella Peruzzi ci mostra San Giovanni, avvolto in raggi d’oro: lo si vede tirato dai santi in cielo, sembra quasi non voler lasciare il portico della ricca abitazione gotica in cui si trova. Ancora, in Santa Croce, la cappella Pazzi del Brunelleschi, è un assoluto capolavoro del Rinascimento. La cattedrale di Santa Maria del Fiore in stile gotico rinascimentale, coperta di splendidi marmi policromi, disegna geometrie esoteriche tra raffinate statue più che veriste. La cupola di mattoni rossi del Brunelleschi, si alza come un trofeo dietro la splendida facciata marmorea; al suo interno, gli affreschi del Vasari e di Zuccari, riempiono in un vortice di figure tutti gli spicchi della cupola. Santa Maria Novella la scoprirete da soli. Nella loggia del Bigallo la Madonna della Misericordia poggia i piedi sulla città. C’erano già state le lotte tra guelfi e ghibellini, Dante aveva “donato” a tutti i colti del mondo la Divina Commedia e Boccaccio nel Decameron aveva già lanciato i suoi strali al perbenismo, proprio durante la peste che nel 1347 aveva decimato la popolazione mondiale, accanendosi particolarmente su Firenze. Dalle disgrazie spesso si risorge alla grande. Le case si espansero, diventarono palazzi, fu il preludio al Rinascimento. La ricchezza della città dovuta alla gilda della lana, ebbe una battuta d’arresto, molti ricchi erano morti, restavano tanti patrimoni di cui approfittò la chiesa, mentre l’erario andò in crisi, nonostante gli ingenti patrimoni accumulati. La città si trasformò insieme al modo di pensare dei suoi cittadini. Eleganti abitanti, diventati mercanti, girano ora in abiti di broccato orientali, come ci mostrano Masaccio e Masolino nella Cappella Brancacci, dentro la chiesa del Carmine, la pittura è ormai aristocratica. Nel convento di San Marco, tra le figure “astratte“ nella meditazione del Beato Angelico si consuma la trasformazione della Chiesa: il priore del convento, Savonarola, sarà immolato nel fuoco sulla pubblica piazza. Piazza della Signoria si arricchisce della fontana del Nettuno con le statue di bronzo. Grazie ai Medici l’Arte è a disposizione di tutti: esposto in piazza c’è il David di Michelangelo, la sua celeberrima scultura, gigante nerboruto, prototipo della bellezza universale. Sotto la loggia dei Lanzi (i lanzichenecchi), trasformata in museo di scultura a cielo aperto, si trova il Perseo del Cellini che alza la testa di Medusa, splendido esempio di manierismo. I Medici non badano a spese, si circondano dei migliori artisti del loro tempo: hanno buon gusto, sono raffinati. A Michelangelo affidano anche le loro sepolture: nel magnifico spazio rinascimentale della Sagrestia Nuova nella chiesa di San Lorenzo; nella Sagrestia Vecchia del Brunelleschi aveva lavorato Donatello. In Orsanmichele, l’ex mercato delle granaglie, diventata la chiesa della corporazione delle Arti, Donatello aveva scolpito diverse statue, che ora convivono con quelle del Ghiberti: una gara tra eccellenti, un’armonia perfetta. Di sublime fattura è il David bronzeo di Donatello, quello del Bargello, due Dei in uno: David e Mercurio. La famiglia dei principi de’ Medici era così ricca da dominare non solo Firenze e la Toscana: la loro fama era tale, che due principesse sposarono i re di Francia e tre principi divennero papi. Su commissione di Pietro de’ Medici, tre cavalieri sono immortalati da Benozzo Gozzoli come Magi di un’età d’oro, nella cappella del Palazzo Medici Riccardi; tre generazioni di principi medicei, vestiti con straordinari abiti di broccato, sfoggiano raffinate acconciature fatte per esaltare le corone di foggia orientale, portano in dono l’oriente. E’ una cavalcata unica nella storia dell’arte italiana; i cavalli vestiti di raffinati finimenti d’oro, avanzano calmi in un paesaggio fiabesco che dovrebbe rappresentare Gerusalemme, ma che è un campionario botanico degli alberi delle ville medicee. Cipressi che per la prima volta non hanno una valenza da cimitero, esaltati per la loro snellezza e il verde intenso, contrastano con gli ulivi vibranti di riflessi argentei. Firenze con il passare del tempo non perde la sua fama e per fortuna poco si modifica, anche grazie all’Unesco che ha inserito il suo centro storico tra i monumenti patrimonio dell’umanità. Michel de Montagne passando da Firenze nel 1581 s’imbatte in una processione e annota: “Le donne sono per lo più molto belle, portano cappelli di paglia che si fabbricano qui meglio che in ogni altra parte del mondo”. Le donne davvero sono belle a giudicare anche da tutte quelle dipinte da Botticelli nella Primavera e nella Nascita di Venere. Ora è Dan Brown, un “pellegrino” venuto dall’America, a parlarci di Firenze, mettendola al centro del suo nuovo romanzo Inferno, che ha come protagonista niente meno che Dante Alighieri e la sua Divina Commedia. (Gabriella Pittari)