Trasimeno, il lago è vita
Ci sono luoghi speciali, che vengono dimenticati dal tempo. E ad osservarli li vedrete lì, giudiziosamente immobili, in perenne attesa di qualcosa, che forse, non tornerà più.
Così si è presentata ad Andy, Nicola e me, la zona del Trasimeno, una terra meravigliosa, ferma nel ricordo di un’epoca lontana, fatta di miti e di leggende, che ancora oggi sussurrano dal lago, i canti strazianti di quell’amor perduto. Una sola cosa era certa, volevamo mischiarci alle persone per vivere l’Umbria degli umbri! E anche se presentarsi armati di macchine fotografiche e videocamere avrebbe reso sospettoso chiunque… non appena superato il primo impatto tutti si son resi disponibili a raccontare le storie intense di questa terra, storie che spesso parlano di distruzione, ma a cui sempre fanno seguito quelle di una straordinaria rinascita. Come la vicenda del teatro degli Avvalorati, in Città della Pieve, crollato negli anni settanta. Questo teatro storico era molto amato dai cittadini e la sua ricostruzione divenne motivo di orgoglio. Tonino e Mario, padre e figlio, furono i pittori a cui venne affidato l’incarico delle decorazioni. Incontriamo Mario, occhi liquidi e barba rossa, che nel suo studio, perfettamente disordinato, ci narra di come abbia ridisegnato il plafone seguendo i racconti del padre: “L’abbiamo cambiato, perché non c’erano documenti, si son seguite le tracce di una vecchia foto in bianco e nero, e dei nostri ricordi”. Nonostante le differenze, i pievesi, una volta visto il nuovo soffitto, lo trovarono identico a quello vecchio: “ i difetti di memoria e l’amore, addolciscono anche la verità”. E’ su consiglio delle nostre amiche di Borgo Cerreto che andiamo alla ricerca del locale più famoso della zona per la torta al testo [un pane tondo cotto nel forno a legna su una pietra riscaldata nel fuoco, il testo appunto]. Qui conosciamo Luca, che da trent’anni fa questo mestiere. E’ un tipo grande e grosso, ma si commuove nel raccontarci dell’azienda, aperta dalla mamma, la signora Pompea. Poi, tra storie di farine, lievito e acqua, ecco spuntargli Marco tra le gambe. “La terza generazione”! Ci dice sorridendo con orgoglio.
Come mi piacciono i modi degli umbri, con ‘sta parlata che pare un elastico e le vocali che scivolano nei punti sbagliati, tanto che ogni affermazione si trasforma subito in una domanda. “Prendi, l’è buona sai”?
E tu che fai, non l’assaggi per merenda una bella fetta di torta ripiena di salsiccia all’aglio? Certo che sì! Perché il meraviglioso formaggio di mezzogiorno, con le marmellate, i salumi sul pane caldo, la fagiolina e poi il pesce alla brace, innaffiati con quel buon vino bianco casereccio, son già belli che digeriti. Viaggiamo per le strade che adesso sono un po’ più note, e all’improvviso comprendo che in qualche modo siamo diventati come Agilla. Lei, sfidando ogni logica, canta per risvegliare il suo Trasimeno morto tra le acque. Così noi, tra colline, castelli e panorami infiniti, fotografiamo e filmiamo, per cantare, a modo nostro, l’amore per una terra, che ci ha donato tutto, ma che a breve dovremo abbandonare. L’uomo del canneto ci accompagna a largo con la sua stretta barca di legno, scivoliamo tra le acque immobili: “Il lago è vita”
svela a bassa voce spezzando il silenzio, e sembra un pensiero qualunque, invece è la perfetta sintesi di quello che abbiamo vissuto in questi giorni. Il lago è calore, forza, speranza, il lago è vita. E a te, se vorrai calpestare questi nostri passi, sveliamo un segreto prezioso; non essere viaggiatore distratto, ma fermati ad ascoltare il rumore del vento, che se sarai fortunato, potrai sentire anche tu la solida storia di questa terra primitiva, ferma nel ricordo di un’epoca lontana, che ancora oggi sussurra dal lago, la sua indomabile melodia d’amore, il suo mai pago canto di speranza.