Così termina l’opera teatrale “Le tre sorelle” di Anton Čechov. (testi e foto di Gabriella Pittari)
A Mosca, da Leningrado (leggi prima parte) noi ci andiamo in tre ore, insieme allo scrittore Paolo Nori, con il treno veloce. Siamo solo sei, gli altri arriveranno domani in aereo dall’Italia. A Mosca ci piombiamo all’hotel Pekin, depositiamo i bagagli e subito c’incamminiamo sulla circonvallazione dei giardini (Sadovoe kolco) alla riscoperta di Mosca, una città molto diversa da quella frequentata da me, da Nori e in parte anche da Alessandra nel nostro passato moscovita. Mosca ora è una metropoli di 12 milioni di abitanti animatissima, sfolgorante di luci che si vanno accendendo man mano che procediamo verso la Moscova e verso la notte.
Abbiamo una gran fame, ci fermiamo per uno spuntino poi ci ributtiamo nella pazza folla. La strada è a sei corsie le macchine e le moto sfrecciano ad una velocità impensabile con un gran rumore. Sul Kolcò (l’anello) i marciapiedi sono larghi, ci teniamo sul lato destro passando davanti alle casa-museo di Šaliapin e a quella di Čechov. Man mano che procediamo i palazzi diventano grattacieli, incrociamo la via Novyj Arbat famosa per i palazzi a libro aperto ora tutti illuminati. Passiamo vicini a quella che chiamavano “la casa bianca” il parlamento dove si concretizzò il colpo di stato del 1993 che mise agli arresti Gorbačev e vide l’ascesa di El’cin. Tempi ora lontani anni luce. Paolo Nori ci racconta che lui era a Mosca durante “la presa del potere” ma neanche se ne accorse, così preso dai suoi studi.
All’ex hotel Ucraina, diventato un lussuoso Radisson-Royal, uno dei sette grattacieli gotico staliniani, andiamo a vedere il diorama tridimensionale della città. Poi con il metrò torniamo al nostro hotel. Il giorno seguente decidiamo di rendere omaggio al poeta Esenin e al cantautore Vysockij, nel cimitero Vaganskoe. Esenin, il dandy venuto dalla campagna che con i suoi versi aveva conquistato Mosca e con il cuore la ballerina americana Isadora Duncan. Visockij invece sposò l’attrice francese Marina Vlady d’origine belorussa. Esenin morì suicida nell’hotel Angleterre a Leningrado afflitto dall’alcol come Vysockij noto dissidente, attore del teatro Taganka, gran bevitore, morto di cirrosi epatica. La sua morte non fu annunciata ma il passa parola moscovita raccolse una folla di nove chilometri per accompagnarlo al cimitero.
Ci commuoviamo davanti al bel viso di Esenin sentendo sul cellulare la sua poesia “Confessione di un malandrino” musicata da Branduardi. Lasciato il cimitero andiamo in metrò alla fermata dedicata ai romanzi di Dostoevskij, nato a Mosca. Una statua dello scrittore ci aspetta alla biblioteca di stato che visitiamo con il nostro Paolo, ex studente frequentatore della biblioteca, unita all’antico palazzo dei Paškov sulla collinetta di fronte ai giardini del Cremlino dove Bulgakov si sedeva ad ammirarlo quando la biblioteca sovietica non esisteva.
Visitare il Cremlino è una full immersion nell’antica Russia, quella degli zar, ma anche quella di Lenin e di Putin. Le chiese più preziose sono dentro le sue mura. Seguiamo Bulgakov e il suo Maestro e Margherita agli stagni dei patriarchi il quadrilatero d’acqua dove inizia il romanzo. Percorriamo quelle strade con edifici tutti diversi sia per l’epoca che per lo stile. Paolo ci racconta di Bulgakov delle sue difficoltà con il regime, della lettera che scrisse a Stalin che gli telefonò e lo assicurò proprio il giorno dopo il funerale del poeta Majakovskij, forse temeva che si suicidasse anche lui. Visitiamo il teatro dell’arte “Il gabbiano’ dedicato all’opera teatrale di A. Čechov che trionfò dopo avere fallito a Pietroburgo. Percorriamo le vie pedonali che conservano le vecchie e le nuove case di fine ‘800 in stile moderno, come i russi chiamano il liberty. Anche il teatro è liberty.
Nella casa museo di Cechov ci raccontano dettagliatamente la vita del grande scrittore con la preziosa traduzione di Nori, un vero onore. Visitiamo anche la casa museo di Gorkij lo scrittore protetto da Stalin. Questa casa nonostante il giudizio di Chatwin che la trovò orribile è uno splendido liberty floreale. Di fronte alla casa si trova la chiesa dove Puškin sposò la bella Natalja ora rivalutata, è rappresentata in coppia con suo marito. Mosca era la città mercato del paese ed è piena di chiesette. La tradizione commerciale russa voleva che i mercanti che facevano buoni affari ringraziassero il signore erigendo una chiesa. Ora che la fede non è più malvista sono state restaurate una gran quantità di splendide chiesette. Il nostro giro prosegue alla volta del Monastero delle Vergini dove nel cimitero si trovano le tombe di Čechov. Bulgakov e del poeta Chlebnikov a cui Paolo Nori omaggia dei fiori e ci racconta episodi della sua vita commuovendoci.
La nostra permanenza a Mosca termina sulla Tverskaja, (la via principale) con una cena d’addio nel ristorante georgiano “Aragvi” il preferito di Stalin nella piazzetta davanti alla statua del fondatore di Mosca: Jurij Dolgorukij, che vuol dire mano lunga, quella mano che il principe allungò sulla futura capitale.