Un enorme Paese semivuoto a causa del suo difficile clima, si confronta con un mondo che lo circonda.
Cari Lettori, dopo avervi raccontato una fantastica Mongolia, un enorme paese semivuoto a causa del suo difficile clima, ora vi porto nella Mongolia dei suoi abitanti quelli che quotidianamente si confrontano con il mondo che li circonda che è diventato molto più accessibile e che ha travasato su quel Paese tutti i difetti e le qualità della globalizzazione. Leggi i più belli articoli guida su Mongolia scritti da Gabriella Pittari.
Andiamo in Mongolia ne ammiriamo le differenze con il nostro mondo, vorremmo che restasse incontaminato, ma non è neanche giusto, le contaminazioni arrivano anche dal turismo che pretende hotel adeguati, servizi di buon livello, comodità, buon cibo. La Mongolia è ricchissima di risorse naturali, immensi giacimenti di oro, quarzo, rame che hanno messo in allerta le multinazionali che per sfruttare quelle risorse stanno riducendo alcune zone del paese a un colabrodo, buche affatto fiammeggianti come le fosse dei dinosauri, ma tristi e piene di veleni che inquinano le acque dei fiumi e dei laghi. Ci sono ora nel paese 1080 miniere di oro, legali solo 119. C’è una vera caccia all’oro di poveri disgraziati che sperano di risolvere i loro problemi esistenziali grazie ad una pepita d’oro. Gli abusivi che scavano in condizioni disumane sono chiamati ninja come le tartarughe mutanti dei cartoni animati giapponesi perché portano sulla schiena delle bacinelle verdi per i detriti degli scavi.
Stando ai dati governativi i minatori abusivi sono più di 100 mila, hanno preferito il mito dell’oro alla pastorizia. La zona più frequentata è Zaamar a cinque ore di macchina da Ulan Bator. Un’altra zona mineraria è a sud: Oyu Tolgoi. E’ il più grande giacimento minerario del mondo che comprende anche un vasto filone carbonifero. La francese Areva si occupa dell’uranio. Da questi giacimenti dipende il 35% del bilancio nazionale destinato alle compagnie straniere, di cui la Cina si è assicurata l’85% di tutti i prodotti nella provincia mongola perduta nel 1911. Uomini abbruttiti si dedicano sempre più all’alcol, una piaga antica. Nel 1990 in Mongolia si é affermata la democrazia parlamentare con libere elezioni. La debole democrazia ha portato con sè una potente corruzione favorita dallo sfruttamento minerario di terre confiscate, mentre quelle ancora libere finiscono nelle mani dei proprietari di industrie tessili che producono cachemire con le pregiate lane di cammello e di capre.
Gli allevamenti di vitelli per carne da macello stanno arricchendo i 60 clan che hanno rappresentanti in parlamento. Si parla di 200 mila milionari su una popolazione di scarsi tre milioni. Per modernizzare la Mongolia a loro uso e consumo, Giappone e Corea del Sud costruiscono la più lunga strada asfaltata che attraversa il paese, Russia e Stati Uniti ne controlleranno lo sfruttamento. L’ex base militare sovietica di Bayantal è stata concessa ad americani e giapponesi per diventare la più grande discarica nucleare del mondo. Sono state inventate facoltà universitarie per istruire i figli dei ricchi che dopo la laurea se ne andranno altrove, in Russia? In Cina? In America? genitori più chiaroveggenti li mandano a studiare all’estero. Tutti questi cambiamenti avvenuti in tempi troppo brevi, hanno tramortito la popolazione. Una parte degli abitanti di Ulan Bator fanno una vita da arricchiti, in appartamenti arredati il più delle volte con cattivo gusto, il gusto altrui non assimilato. Abituati a vite spartane con una dieta essenziale di prodotti derivati dal latte di cavallo, i mongoli consumavano molta carne di pecora, di cavallo, di gazzella, di marmotta per lo più lessate, una cucina grassa, triste, di sopravvivenza al freddo, “condita” con abbondante vodka.
Ora molti abitanti frequentano i ristoranti degli hotel o quelli sorti in città con l’offerta di diverse cucine internazionali abituandosi a gusti diversi, più vari e appetitosi, di cui non sapevano neanche l’esistenza. Per quanto riguarda la fede i mongoli di città frequentano i templi buddisti e seguono la tradizione religiose lamaista dei berretti gialli. Fuori della capitale, ma in parte anche in città, si va riaffermando il loro passato sciamanico. Diversi ovoo monumentali sono sorti in luoghi chiave del paese frequentati da mongoli di ogni ceto e cultura, forse l’atteggiamento è anche scaramantico dopo tanti anni di forzato laicismo. Lo sciamanesimo ha origini siberiane, come abbiamo già visto, gli animali totemici di riferimento sono soprattutto Il lupo, animale rispettato da generazioni diventato mitico modello di coraggio, forza d’animo, rispetto per la natura, coesione sociale. I mongoli non mangiavano volatili, ritenevano che gli uccelli volando alto in cielo entravano nel Tengger, il regno degli dei. Famosi per la caccia col falcone la praticano nei vasti spazi, mostrando con orgoglio la loro destrezza. Del resto Federico II era esperto di falconeria, fa ancora testo il suo trattato "Sull'arte di cacciare con gli uccelli” conservato alla Biblioteca Vaticana.