La natura del nord é bellissima fitta di vegetazione splendente così ricca di sfumature di verdi da lasciare incantati, arcobaleni che solcano il cielo e che dopo improvvisi acquazzoni diventano nitidi multicolori.
Con l’aereo si raggiunge Chiang Mai fondata nel 1296 come capitale del regno di Lanna durato fino al 1558. Nei villaggi del nord vivono le principali minoranze etniche stanziatesi lungo i corsi dei fiumi. A Chiang Mai, città moderna, si incontrano un gran numero di templi carichi di decori; i più suggestivi sono il Wat Phra Singh del XIV secolo con la pagoda dorata e il Wat Chedi Luang del XV, pieno di serpenti scolpiti.
Per la prima volta penso ad Adamo ed Eva corrotti da un serpente. Dai diversi monasteri ogni mattina partono in fila indiana i monaci per la questua con la loro ciotola di lacca, girano città e villaggi seguendo un’antica tradizione: il loro pranzo sarà quello raccolto nella ciotola, vivono di elemosina. In realtà non é più sempre così. Le famiglie mandano i figli ai monasteri dove i giovani imparano non solo la religione ma anche a leggere e scrivere. A Chang Mai ora c’é un’università. Un’attività interessante a Chiang Mai é un giro di laboratori artigianali: al mercato notturno si potranno acquistare gli oggetti tipici: ombrelli di carta, ciotole laccate, marionette, i bei batik, tessuti fantasiosi tinti con l’indaco.
A proposito di decori ricordiamo la tradizione del tatuaggio, un’arte antica del sud est asiatico sviluppatasi tra i combattenti khmer cambogiani che si “dipingevano” il corpo con simboli religiosi convinti di proteggersi dai pericoli e dalla morte, sicuri di diventare più potenti e coraggiosi, un’arte ora così diffusa alle nostre latitudini. Per noi occidentali che veniamo da un mondo completamente diverso quest’usanza diventa una grottesca imitazione di una tradizione non capita, ormai solo da esibire. Il nord della Thailandia faceva parte del triangolo d’oro con Laos e Birmania (Myanmar) dove si coltivava il papavero da oppio, una produzione perseguitata e sradicata con incendi e distruzioni programmate. Secondo lo scrittore Tiziano Terzani la Thailandia poteva entrare nel ciclo produttivo farmaceutico insieme all’India per evitare l’impoverimento delle popolazioni locali, ma così non fu.
Ora il paese ha un’alta dipendenza da metamfetamine in pillole, dette yaba prodotte in Birmania, favorita dall’impunità dell’esercito e della polizia che le gestiscono.
La città di Chiang Rai sorge sul fiume Mae Kok, recentemente arricchita di diversi templi indice di una ricchezza dovuta al gioco d’azzardo, al commercio delle droghe e al turismo. Incredibile é il moderno Tempio Bianco (Wat Rong Khun) carico di sculture, sembra scolpito nel ghiaccio: impressionante.
Anche a Chiang Rai il mercato artigianale della sera é un’attrazione imperdibile. Percorrendo il fiume Mae Kok si entra nel vivo delle diverse minoranze etniche arrivate dal sud della Cina secoli fa. Diamo un’occhiata ai villaggi dei Meo (o Mong) vivono in case di bambù costruite a terra con tetti di paglia, divisi in diversi sottogruppi. Gli Yao (o Mien) sono un’etnia compatta con una propria lingua e una propria scrittura. I Karen (o Yang) due gruppi maggiori, vivono sulle pendici delle colline insieme ad altri minoritari, svolgono attività agricole.
A fine anni 50 del ‘900 una squadra di militari cinesi del Kuomontang si rifugiò a soli 6 km dal confine della Birmania portando agli Akha (originaria dello Yunnan) i segreti della coltivazione del tè, un tè così speciale da diventare un’eccellenza. Ora le colline sono quadri geometrici disegnati dai filari dei cespugli di tè. La vita sociale delle minoranze é basata sulla famiglia, sul rispetto degli anziani e dei monaci. Una vita che non ci é sembrata idilliaca, ma le migliorate condizioni sociali e scolastiche stanno aprendo le coscienze all’esigenza di migliori condizioni per tutti portandoli alle lotte per l’emancipazione.
Da Chiang Rai attraverso le foreste a Mae Sai si avrà modo di conoscere i docili elefanti asiatici addestrati da secoli al trasporto di grossi tronchi che in passato furono anche “armi” di guerra.
L’elefante é un animale sacro, é il destriero celeste del dio Indra, signore della folgore, del temporale, delle piogge, della magia. Maya, la madre di Buddha (illusione creativa), quando era incinta sognò un elefante bianco, così le fu annunciata la nascita di Buddha. Infine, la forma geografica della Thailandia ricorda la testa di un elefante con la proboscide in giù. La popolazione di questi simpatici pachidermi si é ridotta a 2000 esemplari, solo dieci anni fa erano circa diecimila.
Salendo sull’aereo del ritorno scorgiamo sulla fusoliera un elefantino: il simbolo della compagnia aerea. All’ingresso le hostess c’appuntano al petto un'orchidea fresca, il fiore per eccellenza della Thailandia: un augurio di buon viaggio. (testo e foto di Gabriella PIttari)