C’inoltriamo nella selva oscura, giriamo come impazziti di meraviglia alla ricerca di altri templi strappati alla foresta dai francesi che durante il periodo coloniale furono i grandi restauratori di Angkor. Vogliamo vedere il Ta Prohm dedicato a Brahama (il creatore induista) trasformato nel XII secolo in monastero e università buddista.
Nella prima parte Cambogia, Angkor Wat i favolosi templi Gabriella vi ha introdotto nella storia, Nella seconda parte Cambogia, dal tempio di Angkor Wat alla città Angkor Thom ha approfondito la descrizione di templi e religiosità, ora nella terza parte, Cambogia, Angkor e le meraviglie sconosciute, Gabriella innesca la vostra curiosità nella Cambogia spesso sconosciuta.
L’esplorazione di Angkor Thom finisce con la visita alle terrazze, una realizzazione che non ha eguali: non si erano mai viste piattaforme sollevate da terra da una sfilza di Garuda (mandate da Vishnu?) o da interi strati di angeli e demoni sostenuti da elefanti aiutati da naga. Le terrazze erano il luogo delle cerimonie ufficiali, delle parate dove i re amministravano la giustizia, dove avvenivano le cremazioni dei Devaraja, i re divinizzati.
C’inoltriamo nella selva oscura, giriamo come impazziti di meraviglia alla ricerca di altri templi strappati alla foresta dai francesi che durante il periodo coloniale furono i grandi restauratori di Angkor. Vogliamo vedere il Ta Prohm dedicato a Brahama (il creatore induista) trasformato nel XII secolo in monastero e università buddista. Ci arriviamo sotto un acquazzone, temiamo di essere catturati dalle liane di un cotton silk che avvinghia con tentacolari radici di polipo silvestre le architetture del Ta Prohm. E’ uno spettacolo esaltato dal tintinnio della pioggia. Assistiamo incantati alla potenza della natura.
La vegetazione cresce a dismisura, tra muschi e licheni, che chiazzano di colore le architetture grigie; all’improvviso sbocciano eteree orchidee. I funani e poi i cambogiani esportavano in Cina legnami pregiati, licheni e muschio da cui i cinesi estraevano essenze profumate. Il Ta Prohm é stato volutamente lasciato avvolto dalla foresta per far conoscere come furono trovati i templi quando a metà ‘800 furono presentati al mondo intero. C’addentriamo tra muri crollati e pareti divelte dagli alberi per vedere alcune apsara illese, altre stritolate. Percorrendo un corridoio restaurato ecco che a noi ricorda un’infilata di porte delle regge francesi, siamo pur sempre europei!
Le architravi di pietra delle porte sono così cariche di decori da diventare barocche, spesso presentano il Makkara un dio così insaziabile, che Shiva per punirlo gli fa mangiare il suo stesso corpo.
Quando esploriamo il Banteay Srei “la fortezza delle donne” é tornato il sole sugli edifici di arenaria rossa una volta dedicati al dio Shiva, il cui lingam (un simbolo allusivo) esprime la sua potenza virile. Il tempio é ricco di raffinate decorazioni floreali esaltate dalla pioggia come fossero fiori freschi. Il fossato si é riempito d’acqua e il tempio si sdoppia nello stagno.Pensare che questo tempio del X secolo é contemporaneo al nostro Medioevo. Questo conferma che in Cambogia, nonostante l’induismo, le donne erano considerate alla pari degli uomini, erano le madri. Ci fa riflettere su come i Paesi si siano evoluti diversamente secondo il clima, la geografia del territorio, i contatti con i loro simili, creando una storia e una cultura originali.
Banteay Srei fu riscoperto nel 1914 immerso nella esuberante natura tropicale. Nel 1924 subì le mire collezionistiche di André Malraux, condannato a tre anni di prigione per aver rubato dei reperti archeologici. Nonostante questo lo scrittore diventò ministro della cultura francese e raccontò le sue avventure cambogiane nel libro “La via dei re”.
La suggestione del luogo è al suo massimo durante il tramonto quando stuoli d’uccelli s’accordano su quale albero passare la notte, mentre nel fossato i contadini raccolgono i pesci per la cena.La Cambogia fu riconosciuta nel 1992 dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità. Abbiamo visto molti templi simili e diversi, abbandonati o creduti scomparsi dopo la fine del regno di Campucea quando nel XIII secolo gli abitanti di Angkor si spostarono in massa rifugiandosi lontano dal loro passato donato alla foresta.
Facciamo infine un giro del villaggio Seam Reap dove la vita scorre come descritto sui bassorilievi di Angkor: tutti coltivano il riso, pescano, allevano animali, raccolgono i succosi manghi color del sole, le banane, i “pani” dell’albero del pane. Percorriamo in barca un tratto del Sean Reap, dove vivono in case a palafitta alcune famiglie di rifugiati vietnamiti.
Per chiudere sul passato della Cambogia vogliamo ricordare due importanti viaggiatori. Il primo fu Chou Ta-kuan un diplomatico cinese che raccontò la vita di Angkor in una cronaca del 1296, una guida turistica d’epoca con particolari così precisi da aiutare l’archeologia a ricostruire la storia. Ta-kuan era contemporaneo di Marco Polo ma noi europei non lo conoscevamo. Il sud est asiatico era a quel tempo per l’Europa terra incognita.L’altro viaggiatore é l’esploratore e naturalista francese Henri Mouhot che visitò la vasta area dei templi di Angkor e la descrisse nel suo diario di viaggio; per questo é considerato lo scopritore di Angkor.
Non possiamo lasciare la Cambogia senza conoscere la sua storia recente più tragica del tragico, ve la racconteremo nell’ultima parte Cambogia, cosa é successo negli anni '70? Sud est asiatico in fiamme.