Nei precedenti reportage abbiamo conosciuto i luoghi più diversi dello Stato del Rajasthan, (il deserto e gli haveli del Shekhawati) formato dalla fusione avvenuta nel 1949 di 22 regni feudali guidati da potenti maharaja, amministratori del multicolorato popolo di attivi contadini, allevatori, artigiani… ora andiamo a conoscere il mondo pigro, straricco e di raffinata eleganza delle “regge” dei principi: c’addentriamo in Jaipur, capitale del potente Stato. Jaipur, la “città della Vittoria”, un luogo d’elezione, diventato patrimonio dell’Unesco. La vittoria che si celebra nel suo nome è quella di Sawai Jai Singh su Aurangzeb, ultimo imperatore mogol. Jai Sing chiamò la città col suo nome, e diede il via ai lavori di costruzione della prima città pianificata dell’India. L’architetto Vidyadhar Bhattacharya studiando l’antico testo del Shilpa-Shastra decise di riprodurre in una città reale la mappa hindù dell’universo, il microcosmo urbanistico della cosmogonia indù, in rispetto alla struttura in caste dello Stato. Realizzò così un insieme di nove quadrati separati da strade diritte. La città della vittoria nel 1899 si ammantò di rosa un colore di buon auspicio per dare il benvenuto a Edoardo VII d’Inghilterra, all’epoca principe del Galles. La Gran Bretagna era quel paese che aveva abbindolato e sfruttato soprattutto quei principi lasciando loro una parvenza di libertà, decretando la fine della loro autonomia.
La splendida Jaipur è circondata da un’alta muraglia merlata dotata di sette porte. S’attraversa una di quelle porte e si ha la suggestione di essere entrati in un regno extra terreno, molto animato, un regno ammantato di rosa la cui favola iniziò nel 1727 per volere del maharaja Jai Singh II, un re vero che aveva voluto una città reale di bellezza fiabesca. Per le strade nei bazar s’avverte il tumulto della gente, entrando nel City Palace si “ascolta” il silenzio della nobiltà. All’ingresso del Palazzo un piccolo padiglione di marmo candido dà un’idea del livello di raffinatezza raggiunto dagli artigiani indiani, che ancor oggi sono assai raffinati in molte arti. Il City Palace è una città nella città, la sede dei maharaja dove tutto è lindo, perfetto, il padiglione delle udienze con gli archi sfaccettati bordati di bianco, i giardini disegnati, tutto qui è in stile rajesthano e mogol. Niente è liscio nell’architettura indiana, ci si deve sorprendere, ci si deve stupire.
Si attraversano diversi cortili, il più bello é sorvegliato da alti e fieri rajput eredi di indomiti guerrieri medievali che in cambio di una mancetta, svolgono i loro enormi turbanti rossi e li riavvolgono ad uso e consumo dei turisti. Attorno a questo cortile chiuso ci sono tre porte smaltate di eccezionale bellezza, una è decorata con fiori di loto dalle sfumature più attraenti, un’altra con pavoni dai riflessi scintillanti. Nel più importante edificio vivono i discendenti dei famosi maharaja di Jaipur il cui rampollo più noto Man Singh, morì durante una partita di polo, prima che Indira Gandhi togliesse ai nobili i loro privilegi. Fantastico è leggere le memorie di sua moglie Gayatri Devi, considerata da Vogue una delle 10 donne più belle del mondo. Il palazzo più particolare in città è accessibile dalla reggia, s’affaccia sulla via principale è Hawa Mahal, il palazzo dei venti. Il vento passa dalle numerose fessure di un mera facciata con 953 nicchie finestrate, dove le nobildonne della corte si celavano per assistere alle sgargianti feste celebrate per divertire il popolo. Guido Gozzano ci racconta nel suo diario “Verso la cuna del mondo” di pantere al guinzaglio portate a spasso per le vie della città. La festa più vivace è in aprile quando centinaia di aquiloni tingono il cielo di svariati colori fluttuanti, uno splendido spettacolo collettivo.
Il maharaja Jai Singh II non era uomo d’armi come farebbe pensare la vittoria sui mogol, era uomo colto, appassionato d’astronomia. Non lontano dal City Palace aveva fatto costruire lo Jantar Mantar un monumentale osservatorio astronomico a cielo aperto, un angolo d’astrazione in cui i visitatori odierni s’aggirano tra enormi strumenti di misurazione e d’osservazione delle stelle, perdendosi trasognati.
Sull’arteria centrale di Jaipur corre il Johan Bazar, un lungo viale dritto pieno di botteghe di tutti i tipi, ma soprattutto negozi di gioielli, di tessuti indiani, di spezie che spargono i loro penetranti odori sulla via piena di gente indaffarata. Jaipur è diventato il principale mercato al mondo di gemme preziose, battendo il Brasile. Splendidi pappagalli verdi s’infilano nei buchi dei muri: uno stralcio di paradiso. Gli abitanti non fanno caso alle scimmie che si rincorrono tra un palazzo e l’altro saltando sulle terrazze, noi invece ci sorprendiamo all’idea che una città di oltre tre milioni di abitanti sia percorsa in lungo e in largo da questi simpatici animali.