Nella terra dei re, il Rajasthan, si trova il sacro lago Pushkar dove, il creatore increato, Brahama, siede sul settimo petalo del fiore di loto azzurro, in sanscrito pushkara.
Tutto cominciò da una goccia di sperma che Brahma lasciò cadere nel lago. Si formò un uovo che dopo un secolo si spaccò: dalla parte superiore uscì il cielo, da quella inferiore la terra, al centro lo spazio, l’etere. Brahama mise al mondo una figlia Vac (la parola), suo padre la sposò, generando Manu, il capostipite delle creature umane. Dal pensiero del Dio si formarono i Veda, le sacre scritture. Ora a Pushkar da quell’eternità mitica sorge l’unico tempio dedicato al Dio Brahma. Attorno al lago la notte della prima luna piena di novembre si riuniscono santoni, sadhu, guru, yogi, brahmini e migliaia di abitanti dell’India per adempiere al rito d’immergersi nel lago per il bagno sacro che purificherà corpo e spirito. Un via vai ininterrotto entra ed esce dal tempio. Molti sono i gat, i tipici gradini che scendono in acqua per le immersioni e per i puja, le offerte. Il brahmino recita le preghiere di rito e i devoti affidano al lago le offerte: fiori, banane, cocco.
La gente accampata sulle sponde del lago è quanto di più originale si possa vedere, i santoni hanno chiome lunghissime che sembrano corde, portano addosso oggetti di devozione, si coprono di cenere e s’immergono in litanie cantilenate che durano ore. Gli abitanti del Rajasthan sono giunti dall’Asia Centrale, sono ari (ariani) che hanno intrapreso il lungo viaggio prima del 2000 a.C. Portavano con se la cultura dell’Indo sviluppatasi nelle città di Mohenjo Daro e Harappa, (ora in Pakistan) risalenti all’ 8000 a.C. La loro lenta emigrazione è stata possibile anche grazie all’addomesticamento del dromedario, animale eccezionale, resistente a lunghi tragitti senza ne bere, ne mangiare. Il lago Pushkar fu il primo vero specchio d’acqua dolce piovana incontrato dagli allevatori ari, sarà sembrato loro un miraggio. I nuovi arrivati, pastori nomadi, non ebbero nessuna difficoltà a stabilire una convivenza pacifica con i sedentari. Da secoli gli scambi tra nomadi e sedentari avvengono alle fiere e per gli indiani ogni momento é buono per festeggiare. A Pushkar si tiene la più importante fiera di dromedari, occasione d’incontri e di trattative.
La piccola località in occasione della fiera si trasforma in un gigantesco luogo di mercati. Una vasta area collinare periferica è a disposizione degli allevatori di dromedari: arrivano camminando lungo le strade asfaltate con gli animali in fila indiana, alcuni portano con se la famiglia, in questo caso i carri si colorano di sfumature rosa, gialle, azzurre degli abiti delle donne dai veli svolazzanti, sono giovani, belle; guardarli avanzare lenti e solenni é già un piacere di per se. Non lontano dall’area adibita alla fiera ci sono le bancarelle di dolciumi e di cibarie, ma anche di nastri colorati di nappe per addobbare gli animali, braccialetti. Le signore sono vivacissime, si legge nei loro occhi la gioia di essere alla fiera. Si spostano in gruppi familiari che indossano abiti degli stessi colori, un modo per non perdersi in mezzo alla folla e farsi ritrovare anche dagli uomini che le accompagnano. Alla sera i cammellieri si uniscono ai loro animali per la notte. Andare al campo a vedere l’alba è un’esperienza imperdibile.
Fa freddo, siamo ai limiti del deserto del Thar, Il campo dei dromedari é affollato, gli uomini si stanno risvegliando, accendono i fuochi e preparano la colazione, bevono il te col latte, mentre la luce del sole comincia a illuminare il tutto. Ci aggiriamo curiosi nel buio che si dissolve. Non possiamo fare a meno di sentire odori non proprio gradevoli, cammelli e proprietari hanno le loro esigenze fisiche e non si formalizzano, fanno i loro bisogni dove si trovano. Anche questo è folclore. Poi, quando tutto è illuminato lo spettacolo del campo è grandioso. Ci avviamo verso l’hotel per la prima colazione, ci sentiamo bene, anche noi abbiamo partecipato alla festa di Brahama. Il creatore, forse aiuterà anche noi nel nostro futuro.