Bukhara, città degli emiri

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Bukhara la nobile (seconda parte)   

La città degli emiri era ricca e arrogante. Gli emiri di Bukhara si permettevano di assalire le carovane dei mercanti russi provenienti da Orenburg attraverso la gelida steppa, di farli prigionieri e venderli sul mercato degli schiavi.

Per fortuna la città viveva anche d’altri commerci, come si può capire passeggiando sotto le fresche cupoleAforismidiviaggio Bukhara Commerci dei mercati, una volta divisi per settori merceologici, oasi nell’oasi, cupole “di sabbia”, ora botteghe per turisti, sopravvissute ai cambiamenti. Per festeggiare s’andava nelle affollate trattorie del mercato, il luogo più vivace di tutta la città, attratti dal profumo del plov, il riso arricchito di pezzi di montone, condito con carote gialle e uvetta: una “pesante” delizia! Le donne, presenza occulta in passato, ora girano per la città nei loro abiti sgargianti, un’interpretazione moderna di quelli antichi che celavano sotto la “gabbia” del paranzha (il burka dell’Asia Cetrale), “strappato” alle uzbeke dalla Rivoluzione Russa. Si ammirano i begli occhi neri delle ragazze messi in risalto dalle sopracciglia unite, come vuole la moda. L’attrazione principale per le signore sono gli orecchini di rubino e perline, esclusiva degli artigiani di Bukhara.

Aforismidiviaggio Bukhara Labihaus1La piazza più animata di Bukhara è senz’altro Labi Haus (vuol dire attorno alla piscina) una enorme riserva d’acqua circondata da secolari gelsi e platani dove ho avuto la fortuna di vedere le ultime cicogne appollaiate nei nidi. Su un lato della piazza si trova una chai-khana (casa da tè) sempre piena di gente che si gode la frescura sorseggiando il te, seduta a gambe incrociate sui tipici lettoni di legno. La piscina una volta era uno dei numerosi serbatoi d’acqua della città, fonte di terribili malattie come la filaria, un verme che s’annida sotto la pelle. Ora nella pozza si tuffano i ragazzini dall’alto degli antichi gelsi tutti contorti perché ”stanchi di vivere”. A Labi Haus si fronteggiano due madrase fatte costruire da Nadir Divan Begi: una moschea-madrasa e un khanaka, rifugio per sufi e  dervisci. Sugli angoli dell’iwan della moschea, si possono ammirare i mosaici della fenice; un uccello della mitologia persiana, diventato il simbolo dell’Uzbekistan con il nome d’origine sanscrita di Simurg. La fenice la ritroviamo nello stemma della Nazione.

In Questo quartiere vivevano gli ebrei di Bukhara. Nei vicoli polverosi dietro la moschea abitavano i ricchi mercanti  di pellicce e tappeti, quasi tutti ebrei. Si sono conservate alcune case dipinte del XVI-XVIII secolo, veri palazzi persiani, con le slanciate colonne che chiudono il porticato della facciata interna. Per capire quanto fosse ricco un abitante di Bukhara, si guardava il portoncino della casa di legno karagach (l’olmo dell’Asia Centrale): se era finemente intarsiato, era chiaro  che lì abitavano dei benestanti. 

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Magak-i-Attari, ora è un piccolo museo di tappeti: un altro artigianato di cui andava fiera la città. Bukhara è il tappeto per antonomasia. Per entrare in moschea si scendono diversi gradini, tale é l’antichità del monumento. Magak-i-Attari era un ex altare del fuoco zoroastriano, forse il più antico retaggio del passato persiano di Bukhara, trasformato in moschea dagli arabi.

Il medioevo di Bukhara, lo ritroviamo nella cittadella Ark sorta nel V secolo e trasformata nei secoli in fortezza militare. Il suo nome richiama l’arca di Noè, il luogo della salvezza. Invece, qui abitavano gli spietati emiri tagliatori di teste che, dall’alto delle mura, “ammiravano” sulla piazza sottostante del raghestan (delle sabbie), le spietate esecuzioni, diventate ora spaventoso  modernariato! La fortezza, di fango misto a paglia, isolata su una collina, ha affascinanti forme sinuose. All’interno una moschea, la sala del trono, le stanze del palazzo, sono musei anche troppo sovietizzati.

Bukhara fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1993; questo non l’ha salvata dai pesanti restauri non sempre mirati e opportuni. Ha conservato la sua originalità e il suo isolamento di oasi, tra due deserti il Kara Kum (sabbie nere) e il Kyzil Kum (sabbie rosse) inserita nell’abbraccio della “Mesopotamia” d’Oriente, i fiumi Syr Darja e Amu Darja, l’Assarte e l’Oxus di Erodoto. (G. Pittari)

 Noi siamo i pellegrini, Maestro; dobbiamo andare.

Sempre un po’ più in là: può essere

Oltre queste ultime montagne blu sbarrate dalla neve,

Oltre questo mare rabbioso oppure scintillante.

         (James Erloy Flicker 1913)

Bukhara prima parte

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