Rapa Nui - L'ombelico del mondo

 Isola Pasqua Hau Tongariki

Questo é il vero nome dell'isola di Pasqua, la misteriosa, nata dal sogno del tatuatore di Hotu Matua, che in lotta con il rivale Oroi, fu costretto a lasciare Raiatea.

 

Il sogno premonitore mostrava un'isola lontana, bucata, con spiagge dall'arena sottile e bianchissima. Hotu Matua mandò una piroga conIsola Pasqua Anakena sei esploratori, come indicato nel sogno, che approdarono sulla bianca spiaggia di Anakena, dopo essersi accertati dell'esistenza dei buchi, tre antichi vulcani. Fu così che la stirpe di Hotu Matua salpò con la sua gente sulle piroghe doppie verso la nuova sede. Portavano con sè alberi e semi da piantare sull'isola prescelta, animali domestici, galli e galline, e una sorta di topo commestibile, alimenti come le patate dolci, l'albero del pane, le banane ed altro ancora. Trovarono l'isola verdeggiante di una gran quantità di alte palme, e di pandano, che prometteva una vita possibile. Fu di buon auspicio la nascita del figlio di Hotu Matua proprio al momento dello sbarco. Così nel XII, per alcuni nel X secolo, iniziò la vita umana sull'isola di Rapa Nui. I nuovi venuti portavano con se vaste conoscenze e Hotu Matua, stirpe di re, aveva stampato nella memoria l'elenco delle gerarchie di antenati, un patrimonio fondamentale della cultura polinesiana. L'isola però, come suggerisce lo stesso termine, era "isolata", sperduta al centro del Pacifico, questo favorì lo sviluppo di una cultura autoctona.

I nuovi arrivati cominciarono a costruire gli ahu, le piattaforme-cimiteri dove erigevano monumentali moai, le statue degli antenati: un vero tormentone per i suoi abitanti. Il territorio si prestava, era un susseguirsi di colline di tufo, quel materiale malleabile che esposto all'aria sinduriva. Gli antenati divinizzati voltavano il viso verso l'interno dell'isola per proteggere i diversi insediamenti che si andavano formando.

Isola Pasqua Hanga RoaMa venne il tempo in cui i membri della famiglia divina del padre cielo e della madre terra progenitrice tacquero. Ci furono allora furiose lotte tra gli abitanti costruttori di giganti, le orecchie lunghe che avevano dominato fino a quel momento, vennero annientati dalle orecchie corte, fu una strage. I moai già intagliati nel tufo del vulcano di Ranu Raraku vennero abbandonati allimprovviso. Quelli sulle piattaforme vennero rovesciati per disprezzo. Ora diverse statue giacciono lungo la strada che le avrebbe portate sugli Ahu cerimoniali, dove in occasioni speciali si tenevano banchetti di carne umana. Ancor oggi é  impossibile capire come facessero a trasportare quei giganteschi moai. Le foreste erano scomparse del tutto già nel 1500. Forse gli alberi erano serviti anche per il trasporto delle statue, fatto sta, che non fu più possibile costruire le canoe, che non fu più possibile pescare in alto mare: gli abitanti rimasero prigionieri di se stessi, lisola diventò la tomba di un popolo vivente. La sfortuna e il pessimismo erano piombati sullisola come una scure.

Fu allora che nacque un nuovo rito, quello delluomo uccello. Sugli scogli al largo di Orongo nidificavano le sterne fuschiate: diventarono loggetto del nuovo rito, erano lincarnazione di Makemake il loro dio della creazione. I massi vennero incisi: spettacolari petroglifi di uomo-uccello, uomo-pesce ed altri animali riempirono tutti gli spazi possibili in una profusione divina. Ogni anno una cerimonia imponente decideva il regnante prescelto dal dio che avrebbe regnato fino alla primavera successiva, bastava consegnare il primo uovo di sterna intatto, portato a nuoto dallo scoglio in mezzo al mare.

Fino al 1722 nessun europeo aveva avvistato Rapa Nui, quellanno arrivò lolandese Jacob Roggeveen il giorno di Pasqua: restò impressionato. Nel 1774 fu la volta dellinglese Cook che descrisse una popolazione debole e fragile, un territorio brullo, disseminato di gigantesche statue abbandonate. Altri secoli passarono. Nel 1862 una nave approdò  sullisola e rapì più di 1000 abitanti per portarli come schiavi a lavorare in Perù nelle miniere di guano. Il vescovo di Tahiti organizzò una campagna per far tornare i pasquensi sulla loro isola. Così nel 1877 i 111 sopravvissuti sbarcarono portando con sè il colera e il vaiolo che decimarono ulteriormente la popolazione. Arrivarono i missionari a convertire una popolazione desertificata nellanima, la loro cultura era finita, e i sopravvissuti si convertirono al cristianesimo. Arrivò padre Eyraud, poi arrivò Sebastiano Engler. La convivenza fu pacifica, i missionari cercarono di capire quella civiltà ma gli indigeni facevano racconti contraddittori, come se loro stessi non solo non sapessero nulla, ma soprattutto non gli importasse niente del loro passato. Furono trovate le tavole rongo-rongo fitte di geroglifici indecifrabili. Era una scrittura che elevava Rapa Nui a rango di civiltà: ancor oggi impossibili da decifrare. Ecominciato un interesse letterario e storico per questo popolo.

Isola Pasqua Hanga Roa 2

Infine é arrivato il turismo fonte di un certo benessere e stimolo per quegli abitanti che si ritengono eredi dei polinesiani arrivati con le piroghe insieme ai polli e a quei topi commestibili che hanno contribuito alla distruzione delle palme mangiandone i semi. Non ci sono piùi sacerdoti sapienti, gli interpreti dei sogni, resta unisola immersa nelloceano, una perla delicata, da salvaguardare, da ammirare per la sua originale bellezza dovuta ad una civiltà che non ha saputo, o non ha voluto tramandare la propria storia e che ora cerca di riscattarla. I moai, luomo-uccello, il verde intenso della vegetazione, tutto in questisola emana un fascino di mistero difficile da descrivere, stupefacente da vivere. (Testi e foto di Gabriella Pittari)

Sabato 6 giugno alle ore 16,30 alla Biblioteca di Arcore (MB)

Gabriella Pittari
racconta il suo viaggio all'Isola di Pasqua.

Isola Pasqua Orongo

Isola Pasqua Pandano

Isola Pasqua Orongo 2