A Ruota Libera, Federico Longo. Sfida, provocazione, speranza.

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Leggere il libro di Federico Longo, porta a pensare cosa potrebbero essere (ancor di più di quello che sono)  le città al giorno d’oggi se accanto all’intenso traffico rumoroso e nauseabondo, non circolassero mezzi di locomozione ad emissione zero. La bicicletta...

... in primis ha il primato di aver aiutato a promuovere un ambiente cittadino pulito, sicuro, un po’ più affidabile. Finto lento, sinceramente rapido, la bicicletta è un mezzo di locomozione che ha il respiro della speranza e, novella Giovanna d’Arco, richiama a raccolta i devoti, i credenti, i soldati che intendono combattere contro forze arroccate, impossibili da stanare, crudeli nell’idea di possesso del suolo che utilizzano consumandolo, depredandolo, mai condividendolo. L’autore del libro “A Ruota Libera”, diario di un ciclista urbano, ci spiega quanto la bicicletta risulti pericolosissima nel traffico cittadino, non tanto per la difficoltà della percorrenza dei tragitti casa lavoro, o casa parco giochi, o casa gita fuori porta, ma perché l’uso della bicicletta si è trasformato in uno strumento insuperabile mentalmente nella cultura dell’automobilista  che, sostiene l’autore,  “ho l’impressione che il cosiddetto traffico sia un essere multiforme che vive di vita propria; come in un esperimento in cui l’uomo ha perso il controllo sulla macchina e questa ormai determina ogni nostra azione e pensiero”. A Roma certificate 250 ore all’anno a bordo dell’auto, 30.000 incidenti, 150 morti ogni anno e aria fuorilegge quasi perennemente; una città che “disprezza le biciclette”. E Roma è in “buona “ compagnia in Italia con altre città.

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Seguendo l’autore lungo le sue impegnative giornate in bicicletta, appare una città nemica, che non sa come e che non vuole riscattarsi da una mentalità legata all’utilizzo dell’auto. Al lettore viene  offerta l’opportunità di trascorrere qualche ora con lui attraversando una Roma “conosciuta” consegnandoci una visione pericolosa e quasi nociva per il ciclista da molti punti di vista. Con lui, è vero,  soffriamo quando sbatte contro la portiera di un’auto, quando cade rovinosamente in una delle troppe buche che “rivestono” la città, ci affliggiamo per le auto in terza o quarta fila, o perché “infestano lo spazio pubblico come l’erba gramigna”, ci preoccupiamo per le impossibilità di entrare o parcheggiare la bici, in parchi, in ville, in biblioteche, ci angosciamo ancora quando si confronta con la paura, la sua “ombra nera” che diventa sfida, minaccia, provocazione.

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A ciclisti giornalieri resta il sangue amaro e l’illusione di sentirsi dalla parte giusta e dover combattere, chissà per quanto tempo ancora, sconsolati per il momento ma con la speranza che le città diventino fruibili da tutti.  Come le capitali e le città che Federico Longo ha visitato in Danimarca, Olanda, Finlandia e Germania e il cui sogno ora diventa enorme supporto all’impegno di tutti i giorni. Un ritmo di scrittura veloce, quasi pedalabile; parole e frasi schiette e coraggiose; pensieri e ragionamenti avvincenti e persuasivi, dove affiora la speranza di poter vivere in città a misura di bicicletta con l’idea rovesciata della mobilità preparata a restituire dignità all’uomo e ai mezzi non inquinanti.