Un cuore in volo

con larmenia nel cuore libro

Il mio cuore è pieno di amore per te, Armenia.

Le strade tortuose, le canzoni, gli alberi leggendari
il volo dell'aquila sopra i boschi perenni
le valli che respirano l'eternità
e i fiumi schiumosi da tempo immemore,

gli amici del mio villaggio,

che raccolgono il fieno nella rugiada.

Catene montuose torreggianti,
come monumenti, mia Patria, per te!

Amo le notti d'inverno, la primavera e l’estate
amo questa vita, le sue gioie, la sua fatica, la sua lotta
ma se cercano di portarmi via da te Armenia,

m'innamorerò della Morte nel nome della Vita.

(Gevorg Emin)

Quando (l'autore di "Con l'Armenia nel cuore" narra dell’incontro con una bambina in cima ad una montagna, in un villaggio sperduto dove nessuno parla una lingua occidentale, una bambina di 9 anni che conversa con lui in un buon inglese, imparato non a scuola ma da sola, in mezzo a pastori semianalfabeti, ho sentito il mio battito cardiaco aumentare il suo ritmo. Sono stato afferrato dall’immagine delle ragazze armene, poliglotte, abili pianiste, dedite allo studio o ai raffinati ricami che, sporche, stracciate, seminude, venivano deportate nelle carovane della morte, durante il genocidio del 1915.

Aram Ananyan, direttore di ArmenPress, l’agenzia di stampa nazionale, ha infine ricordato la storia di Aharon Manukyan, classe 1914, sopravvissuto al genocidio. Oggi questo centenario parla attraverso le parole della figlia. L’orfanotrofio americano in Leninakan divenne la sua casa.  A un anno di età, infatti, fu costretto ad abbandonare la sua abitazione nel cortile di una chiesa a Van. La città oppose una strenua resistenza contro le truppe turche. Durante l’eroica difesa di Van, il padre di Aharon morì. Dopo aver preso i figli per un breve periodo, la madre decise di andare a Etchmiadzin per trovare un lavoro. La storia di Aharon è la storia di tanti bambini costretti a vivere senza i genitori, spesso in un orfanatrofio dove gli affetti spezzati sono stati ricostruiti con fatica. Anche grazie a persone come uno dei responsabili di quell’orfanotrofio che, dopo aver perso il suo unico figlio, dedicò tutta la sua vita al popolo armeno.

 

Nel 1915 l’élite armena di Costantinopoli fu arrestata e deportata nel deserto; era l’inizio dell’eccidio degli armeni. Tra questi c’era Daniel Varujan, considerato unanimamente il più grande esponente del rinascimento armeno (1908-15). Verujan fu ucciso a colpi di pugnale il 28 agosto 1915, a 31 anni. Era nel bel mezzo della composizione di una delle sue più belle opere, “Il canto del pane”, e stava progettando il suo successivo lavoro “Il canto del vino”. Per una di quelle strane coincidenze, quando fu ucciso aveva in tasca il testo del Canto del pane. Un testo che fu ritenuto perduto per molti anni. Dopo la fine della Prima guerra mondiale, alcuni amici superstiti decisero di darsi da fare per cercarlo. Ingaggiarono un agente segreto, Arshavir Esayan, che lo ritrovò fra l’enorme quantitativo di beni sequestrati agli armeni. Pubblicato a Costantinopoli nel 1921, il Canto del pane diventò il simbolo della vita del popolo armeno, i versi di una generazione spezzata.  Antonia Arslan.

Noi, con l'Armenia nel cuore,

come colombe vogliamo volare.

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