Il vento delle steppe, Bernard Ollivier

il vento delle steppe

 

 

Bernard Ollivier, Il vento delle steppe

La lunga marcia III

 

“Quel vento delle steppe che mi ha fatto tanto soffrire ho finito per amarlo.

Il vento delle steppe non ha mai avuto bisogno di parole.

Lui ed io ci assomigliamo un po’: amici del vuoto e del silenzio”.

Diventa poesia,  la sensazione di amicizia che l'autore confida al percorso, suo per sempre, al termine della sua camminata. La famosa, unica via della seta, percorsa nell’interezza e nella integrità che il tempo ancora concede a questa strada. La via della seta percorso di culture e amicizie, di storia e violenza, di conquiste e scambi, di fortune e rapine, è vinta per sempre, ma non sottomessa o conquistata: amata.

Più che nelle parti precedenti, questo terzo volume acquista, lungo la via e lungo lo scorrere dei pensieri, il senso dell’ansia nell’abbraccio finale con la città di Xi'an, dove la  malinconia lo prende. Meno delle volte precedenti, ma più approfondito, si fa anche la voragine che Bernard scava dentro se stesso per chiedersi motivazioni e darsi risposte. E ripercorrere a ritroso in un attimo la sua vicenda per “cercare di capire perché avevo bisogno di camminare in questo modo” e rispondersi “ sono sicuro di saperne tanto quanto il giorno in cui sono partito”.

Un viaggio nel silenzio di valli e strade quasi senza fine, dove pensare costituisce un’ancora di salvataggio per se stessi, ma anche la pietra legata al collo che potrebbe affondarti. Un diavoletto che sussurra lusinghe e l’angioletto che consiglia le buone intenzioni. Un percorso spesso in conflitto con questa solitudine,  che secondo l’autore sarebbe foriera di “meno bugie, meno velleità sociale e maggiore verità. E anche una maggiore partecipazione al vasto mistero del mondo, un aprirsi al miracolo degli incontri”.

Incontri raccontati con il sentimento profondo, a volte nello scarno linguaggio, umile e semplice come gli strumenti che egli trasporta con se. Come se tutto il su bagaglio non fosse altro che uno zaino ricco di doni elargiti e ricevuti. Credere all’essenziale: “Presentabile? Ma perché dovrei esserlo? Arrivo a pensare che la sporcizia che mi è diventata abituale, faciliti la mia integrazione tra la gente e nel paesaggio. La maggior parte di quelli che incontro sono ricoperti da una crosta di grasso simile alla mia”. Non è per niente facile affermare di non fare del viaggio un’avventura, quando stai attraversando pericoli e ferite morali, e la forza per superare i momenti più brutti non può essere all’altezza dei rischi calcolabili. Solitario, con la dote di provare piacere nell’affrontare le difficoltà carico di quell’entusiasmo che “le possenti scariche di endorfine, gli permettono di essere felice nella prova”.

Mille chilometri al mese, mille le prove superate, mille osservazioni sul nuovo mondo, suo, che attraversa, mille le perle letterarie ed emotive. Mille i motivi per leggere e meditare Bernard Ollivier in questo finale della lunga marcia.

“E qui sta la magia dell’oriente che tanto affascina i viaggiatori occidentali. Come si fa a registrare i mille odori provenienti da questi ettari di traspirazione, dall’untuosità della lana delle pecore, dal grasso bruciato degli shashlyk sulle braci, dalle deiezioni animali, dalla frutta o dalla verdura che marciscono in un angolo; o quelli, più delicati, che aleggiano sul quartiere dei venditori di spezie? Si potrebbe visitare il mercato con gli occhi chiusi: il naso sarebbe in grado di portarvi verso la frutta matura o il quartiere del pellame”.

“Osservo il calare del buio del deserto. Dapprima scende lentamente, come al rallentatore a sud l’orizzonte si offusca progressivamente, mentre a ovest le vette si ammantano di un alone rossastro. Con la testa sulla sabbia, assaporando un melone zuccherino, osservo affascinato la resistenza del sole che all’improvviso è divorato dai denti incandescenti della montagna. Benché sia scomparso del tutto, manda ancora qualche bagliore che infuoca il cielo e fa ardere le nuvole. Il tempo è come sospeso. Mentre il sonno è in agguato, spunta a prima stella, con l’accendersi di mille altre. In quel momento assaporo la freschezza tutta relativa che piomba sulla sabbia, dopo i quaranta gradi del pomeriggio. Con i muscoli finalmente rilassati, l‘energia bruciata, esaurita, consumata da una giornata di fatica, mi infilo nella tenda, mi abbandono al riposo e mi addormento come un sasso nel terreno duro. Penso con ironia alle lunghe ore insonni che trascorro nella calma della mia casa normanna, steso su un confortevole materasso…”

“Prima di entrare nel club sempre più frequentato dei vegliardi, voglio regalarmi una botta di gioventù. Dimostrare agli altri e a me stesso di essere ancora arzillo”. Perché “la carne per quanto debole obbedisce agli spiriti forti e la volontà può sostenere i progetti più folli”. Insegnamento da grande saggio prima che la “Morte, grande falce tagli gli ormeggi”.

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La lunga marcia III